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Stazione Centrale, la ferita nel cuore di Milano che la politica non riesce a curare

L’ultima aggressione a un militare alla stazione Centrale di Milano è la spia di un problema irrisolto da anni. Lo scalo ferroviario, biglietto da visita della città per migliaia di turisti, continua a essere un luogo poco sicuro nonostante i periodici blitz delle forze dell’ordine – uno dei quali ordinato addirittura dall’attuale ministro dell’Interno, allora prefetto di Milano – e il presidio dei militari dell’Esercito. Segno che forse non si tratta solo di un problema di sicurezza.
A cura di Francesco Loiacono
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(Immagine di repertorio)
(Immagine di repertorio)

La stazione Centrale di Milano continua a essere una ferita aperta nel cuore di Milano. Questa mattina un ragazzo di 23 anni, Mahamad F., ha aggredito un militare dell'Esercito con un tagliacarte, procurandogli lievi lesioni al collo. Non è la prima aggressione del genere: era accaduto nell'aprile del 2017, poi il 18 maggio e dopo ancora il 17 luglio, sempre del 2017. Un altro episodio è finito al centro delle cronache a febbraio di quest'anno. E questo solo rimanendo agli episodi più eclatanti ai danni delle forze dell'ordine e dei militari che pattugliano la zona.

Le risposte a queste aggressioni, anche negli anni passati, non si sono fatte attendere. La più eclatante il 2 maggio del 2017: decine di carabinieri e poliziotti, inclusi agenti a cavallo, unità cinofile e perfino un elicottero si resero protagonisti di un maxi blitz alla stazione Centrale. L'operazione era stata disposta dall'allora questore Marcello Cardona con la collaborazione del prefetto Luciana Lamorgese, oggi ministro dell'Interno. Ma il risultato di quel blitz fu minimo: della cinquantina di persone – per lo più migranti – portate in questura e controllate la maggior parte risultò in regola, e addirittura quattro di loro proprio dai controlli scoprirono di aver ottenuto lo status di rifugiato. Il blitz venne definito senza mezzi termini da alcuni partiti di sinistra e alcune associazioni "un rastrellamento". Un'altra critica fu di aver badato più all'aspetto mediatico, alla famosa (o famigerata) "percezione di sicurezza" che alla sicurezza vera e propria. Ma il neo ministro dell'Interno, in varie interviste sul bilancio del suo mandato a Milano, ha sempre rivendicato la "bontà" di quell'operazione.

Sono passati più di due anni da allora, ma il ripetersi di aggressioni, risse e furti evidenzia che la stazione Centrale continua a essere un problema, per la città di Milano. Nonostante i periodici blitz, nonostante il presidio di militari e forze dell'ordine, la stazione resta un posto poco sicuro, nella realtà e nella percezione. E questo dimostra che il solo approccio securitario si è rivelato insufficiente per risolvere una questione che non attiene solo alla sfera della sicurezza. È anche (ma non solo) una questione di degrado: i clochard e gli sbandati che orbitano attorno allo scalo ferroviario sono il biglietto da visita della città per migliaia di turisti e pendolari. Non vanno nascosti, o spostati altrove: vanno aiutati. E difatti c'è chi pone l'enfasi sull'aspetto sociale del problema: l'emarginazione degli ultimi, la mancata integrazione dei migranti. Quale che sia l'approccio alla questione, in ogni caso, resta il fatto che il problema è ancora là, drammaticamente sotto gli occhi di tutti, come evidenzia l'episodio odierno: l'azione di un singolo, certo, che però si inserisce in un contesto che come scritto offre tanti, troppi precedenti perché la si possa ridurre a un caso isolato.

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