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Opinioni

Milano, tre anni da sindaco per Beppe Sala: sulle periferie c’è da cambiare marcia

Il 19 giugno del 2016 Beppe Sala, vincendo la sfida al ballottaggio con Stefano Parisi, diventava il sindaco di Milano. A tre anni dalla sua elezione non si può certo accusare la giunta Sala di immobilismo: anche sfruttando circostanze favorevoli, come l’Expo, è alla guida di una città dinamica, che funziona (ma che costa). Tanti i provvedimenti, anche impopolari, varati: da Area B al prossimo aumento del biglietto dei mezzi pubblici. Sala è attirato dalle sirene della politica nazionale (ormai frequenti le sue polemiche con Salvini), punta a far diventare sempre più internazionale Milano (le sfide dell’Ema, persa, e quella delle Olimpiadi invernali), ma deve cambiare marcia su quelle che restano il punto debole della sua azione: le periferie.
A cura di Francesco Loiacono
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Lo scorso 19 giugno, a due anni dal ballottaggio che lo aveva incoronato sindaco di Milano, Beppe Sala aveva tracciato su Facebook un primo bilancio della sua esperienza. Dopo qualche stoccata al ministro dell'Interno Matteo Salvini – "Si è presentato come paladino del Nord ma non l'ho ancora sentito dire una cosa a protezione del Nord" – aveva elencato una serie di temi, parlando dell'aumento del biglietto dei mezzi pubblici (allora dipinto ancora come una possibilità), della riapertura della cerchia interna dei Navigli, del superamento dei campi nomadi e della sua volontà di ricandidarsi per un secondo mandato da sindaco. A un anno di distanza da allora, e a tre anni dal suo insediamento a Palazzo Marino, alcuni di questi temi si sono persi per strada. Altri, invece, continuano a tenere banco, ma in una mutata veste.

Salvini non è più così assente dalla scena politica milanese, ma è anzi un'ombra ingombrante (con tutta la sua Lega) con la quale dover fare i conti in vista delle Comunali del 2021. Sulla riapertura dei Navigli sembra essere calato da qualche mese il silenzio: forse la prospettiva di martoriare la città con altri cantieri (oltre a quelli, che procedono, per la Metro 4) non deve entusiasmare più di tanto Sala, che in questa fetta del suo mandato ha già fatto digerire ai milanesi due provvedimenti in un certo senso "epocali". Il primo è Area B, una nuova zona a traffico limitato che si estende in pratica sull'intero territorio comunale e vieta la circolazione ai veicoli più inquinanti. Il secondo, che si concretizzerà a breve, è l'aumento del biglietto dei mezzi pubblici Atm: un aumento che ora viene difeso dal sindaco come una necessità per continuare a garantire un servizio adeguato ed efficiente. Gli effetti di entrambe le misure si vedranno più avanti: quando inizieranno magari ad arrivare le multe per l'Area B e quando l'aumento del ticket diventerà realtà.

Per quanto riguarda i campi nomadi, in un suo intervento recente Sala ha frenato sulla loro chiusura, proponendo un Daspo urbano per i rom che ha scatenato molte polemiche e ringalluzzito chi ha sempre dubitato sul reale "essere di sinistra", da parte del sindaco. E chissà se la causa di questo scivolone (poi "tamponato" in qualche modo dall'assessore Majorino, in partenza per l'Europarlamento), non vada individuata proprio in un tentativo da parte di Sala di inseguire Salvini sul suo terreno privilegiato (la sicurezza, anche se a Milano come nel resto d'Italia i reati sono in calo). Per chiudere la panoramica su quanto il sindaco aveva detto lo scorso anno, c'è il discorso della ricandidatura. Su questo nelle ultime dichiarazioni Sala è stato un po' più vago: certo, ha detto che la sua via maestra è un secondo mandato da sindaco, ma è innegabile che ormai le sue polemiche con Salvini abbiano una risonanza nazionale e che lui sia diventato, non solo a Milano, l'avversario per antonomasia del leader leghista. In ogni caso, su questo punto Sala si è mostrato molto coerente: continua a ripetere che scioglierà ogni dubbio a settembre del 2020.

Non si può accusare la giunta Sala di immobilismo

A tre anni dal suo insediamento a Palazzo Marino (la data esatta è in realtà il 21 giugno 2016), non si può certo accusare di immobilismo la giunta Sala in nessun campo. Milano, che continua a godere dell'effetto traino rappresentato da Expo 2015 (con il turismo che continua a crescere) è una città che funziona, anche se è una città cara. È una città interessata da grandi progetti urbanistici (Cascina Merlata e l'area Mind – ex Expo, gli ex scali ferroviari, il recente PalaItalia di Santa Giulia), ma dove resta il grande problema dell'abitare: dalle case popolari sfitte al prezzo di quelle in vendita e in affitto. Sala ha cercato di proiettare sempre più la città in una dimensione internazionale: prima c'è stata la sfida (persa) dell'Agenzia europea del farmaco, adesso ci sarà quella per le Olimpiadi invernali del 2026, in tandem con Cortina. Forse però, distratto dalle sirene nazionali (le polemiche con Salvini) e internazionali, rischia di perdere di vista il luogo su cui deve concentrare ancora di più la sua azione: le periferie.

Sulle periferie c'è da attuare un cambio di marcia

Quelle che per il sindaco dovevano essere "un'ossessione" continuano a rappresentare il punto debole dell'azione della giunta Sala. Anche in questo caso, non è che il primo cittadino sia rimasto a guardare: dalle "colazioni con il sindaco" in diverse parti della città, agli interventi di "urbanismo tattico" che hanno riqualificato e rivitalizzato alcune piazze e strade (come via Abbiati, nel cuore più popolare del quartiere San Siro), passando per il piano di recupero di alloggi popolari sfitti varato da Mm e i cui risultati si possono visualizzare sull'apposito "contacase" (a giugno di quest'anno siamo arrivati a 858 case recuperate, ma ne restano ancora 2142 da recuperare entro aprile 2021). Le azioni concrete ci sono state, ma serve un cambio di marcia deciso per far sì che tra centro e periferie non ci sia quella cesura che continua ancora ad esistere.

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