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Covid 19

Lombardia, c’è l’obbligo ma non le mascherine: l’ordinanza della Regione alimenta il caos

Prima di obbligare tutti i lombardi a uscire di casa con la mascherina, la Regione Lombardia avrebbe fatto bene a rendere disponibili i dispositivi di protezione, che invece nonostante gli annunci non si trovano. L’ultima ordinanza regionale è un pasticcio che alimenta il caos: l’indicazione di coprirsi naso e bocca con foulard o sciarpe, in mancanza della mascherina, è inoltre inutile e dannosa, perché rischia di far passare il messaggio che con una bandana davanti alla bocca si sia sicuri rispetto al virus.
A cura di Francesco Loiacono
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Il governatore della Lombardia Attilio Fontana
Il governatore della Lombardia Attilio Fontana
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Aiutare i cittadini a ridurre le incertezze, a governare il caos, dovrebbe essere uno dei compiti principali della politica in questa fase di emergenza Coronavirus. Eppure ciò che è avvenuto in Lombardia, la regione più colpita dal virus, sembra andare in direzione ostinatamente contraria. Con l'ultima ordinanza del 4 aprile il governatore Attilio Fontana ha disposto l'obbligo, per chi esce di casa, di indossare la mascherina o "in subordine, qualunque altro indumento a copertura di naso e bocca", come sciarpe e foulard. La decisione, presa nell'ottica di "adottare tutte le misure precauzionali consentite e adeguate a proteggere sé stesso e gli altri dal contagio", ha ingenerato ancora più confusione tra i cittadini per due motivi: il primo è legato all'effettiva disponibilità delle mascherine e al loro costo, il secondo al messaggio – sbagliato – che si lancia suggerendo ai cittadini di proteggersi con "qualunque altro indumento a copertura di naso e bocca".

Prima di obbligare a indossare le mascherine bisogna fornirle ai cittadini

Primo punto: disponibilità di mascherine e il loro costo. Ai cittadini non interessano le polemiche tra Regione e Protezione civile sul numero di mascherine inviate e quelle effettivamente ricevute (a proposito: il governatore aveva annunciato che sarebbero stati comunicati i dati in merito, ma sul sito non ve n'è traccia): interessa solo trovare le mascherine. Ma i dispositivi di protezione sono praticamente introvabili o, quando li si trovano, venduti spesso a prezzi eccessivi. Nella maggior parte dei casi si tratta inoltre di dispositivi di protezione che hanno una durata limitata nel tempo, per cui dopo qualche ora di utilizzo dovrebbero essere buttati e sostituiti. Ecco perché obbligare a dotarsi di mascherine per uscire di casa, e poi non mettere i cittadini nelle condizioni di poterle ricevere o trovare in giro, sembra un messaggio schizofrenico che anziché aiutare la popolazione aggiunge ulteriore confusione.

Le tre milioni di mascherine gratuite non sono sufficienti (e non ci sono ancora)

Poco conta che la Regione Lombardia abbia annunciato – dopo l'ordinanza, e non prima – la distribuzione gratuita a partire da oggi di 3,3 milioni di mascherine: in primo luogo perché, stando a quanto dicono diversi sindaci (incluso il primo cittadino di Milano Beppe Sala), si tratta solo di un annuncio. "Io le mascherine non le ho ancora ricevute, e intanto ho diversi cittadini che si sono assembrati sotto al Comune per richiederle", ha detto a titolo di esempio a Fanpage.it il sindaco di Buccinasco, Rino Pruiti. Inoltre Federfarma Lombardia ha già in parte smentito Palazzo Lombardia per lo meno sui tempi di distribuzione: "La mascherine saranno disponibili in farmacia non prima di fine settimana prossima (questa settimana, ndr)", ha scritto in una nota.

In ogni caso 3 milioni di mascherine sono un numero irrisorio per una regione di 10 milioni di abitanti: copriranno meno di un terzo dei cittadini, solo per un giorno. La distribuzione dovrebbe essere continua, capillare, gratuita o quanto meno a prezzo concordato. La Lombardia potrebbe prendere a mo' di esempio quanto sta facendo la Regione Toscana: il governatore Enrico Rossi ha annunciato l'invio gratuito di 10 milioni di mascherine a tutti i comuni toscani, con l'obbligo per i cittadini di indossarle che scatterà però solo dopo che i singoli comuni comunicheranno di avere effettuato la consegna a domicilio a tutti i circa 3,7 milioni di abitanti (notare, in questo caso, le proporzioni completamente opposte rispetto alla Lombardia).

Sulle sciarpe e i foulard il messaggio è sbagliato e rischioso

L'ordinanza della Lombardia sembra dunque al momento un pasticcio: che muove magari da un principio condivisibile (l'importanza di indossare la mascherina, che potrebbe ben presto essere esteso a tutto il Paese), ma lo fa con modalità sbagliate, confuse, e con quella sgradevole sensazione che si voglia più "far vedere" che fare concretamente qualcosa. C'è poi un secondo punto dell'ordinanza in merito all'obbligo delle mascherine che ha attirato già molta ironia, ma merita di essere preso molto sul serio: e cioè la possibilità "in subordine" per i cittadini, qualora non avessero mascherine (evidentemente eventualità già contemplata dai vertici regionali), di proteggersi naso e bocca con "qualunque altro indumento", inclusi sciarpe e foulard. Sui social sono state tante le battute e riguardo, mentre Fontana ha risposto alle polemiche con un detto milanese: "Piuttosto che niente, meglio piuttosto". Ironia e detti popolari non sembrano però le giuste modalità per fronteggiare un'emergenza sanitaria. Gli esperti hanno già spiegato che le uniche mascherine professionali in grado di proteggere dal coronavirus sono quelle FFP2 e FFP3, che riescono a bloccare la quasi totalità delle particelle nocive fino a una dimensione di 0,6 micron, inferiore alle goccioline espulse quando si parla, tossisce o starnutisce, cioè il droplet "vettore" del virus. Tutte le altre soluzione "fai da te", incluse mascherine di stoffa, bandane, sciarpe e foulard, sono inutili ma anche dannose, perché oltre a non trattenere le particelle possono dare a chi le indossa l'errata percezione di sentirsi al sicuro. Il virologo Fabrizio Pregliasco a Fanpage.it aveva spiegato che soluzioni di questo genere potrebbero essere giusto l'extrema ratio in caso di scenari apocalittici da ‘peste nera'". E viene quindi da dedurre: in Lombardia siamo arrivati a questo?

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