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Opinioni

Basta ipocrisia: il caso Melegnano è legittimato dalle politiche razziste

Dopo le scritte razziste a Melegnano contro la famiglia Pozzi, che ha adottato Bakary, un ragazzo senegalese, la comunità mostra solidarietà con una fiaccolata. Ma come si è sdoganato questo razzismo? Se la propaganda di Salvini si basa sulla sicurezza, le azioni delle amministrazioni locali limitano l’accesso ai servizi sociali per gli stranieri residenti con delibere discriminatorie. E anche il Comune di Melegnano è coinvolto.
A cura di Roberta Covelli
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Bakary, un ragazzo senegalese, viene adottato dalla famiglia che l’ha accolto quattro anni fa e la casa dove vive diventa obiettivo di scritte razziste: questa la notizia da Melegnano, provincia di Milano. Di fronte all’ultimo episodio, con una svastica disegnata sotto le parole "Ammazza al negar", la madre di Bakary, Angela Bedoni, interpella direttamente il ministro degli Interni. Salvini risponde:

Io rispetto il dolore di una mamma, abbraccio suo figlio e condanno ogni forma di razzismo. E la signora rispetti la richiesta di sicurezza e legalità che arriva dagli italiani.

Non è chiaro come una procedura legale come l'adozione possa contrastare sicurezza e legalità (salvo non voler dichiarare illegali o pericolose altre etnie). Intanto, nella risposta del ministro, un avvenimento preciso e inquietante (un fatto) viene posto sullo stesso piano di una generica paura (una percezione), arrivando perfino al paradosso di trasformare chi sopporta una lesione concreta della propria sicurezza nell'attentatore della sicurezza altrui. Quella di Salvini non è però l’unica reazione: sul fronte opposto, il sindaco di Melegnano, Rodolfo Bertoli, si schiera dalla parte della famiglia, aderendo alla fiaccolata di solidarietà che si terrà sabato 23 febbraio. La scelta, certamente da apprezzare per la vicinanza alle vittime, dovrebbe però guidare a una riflessione più profonda, che ha a che fare con i meccanismi di repressione culturale del razzismo.

Il caso delle delibera di Assemi

Un anno fa Assemi, l’azienda intercomunale della zona a sud-est di Milano, ha approvato una delibera sulle prestazioni sociali agevolate, molto simile al regolamento comunale di Lodi, recentemente dichiarato illegittimo dal tribunale. La proposta del consorzio di comuni impone infatti ai cittadini extracomunitari una procedura più onerosa per accedere ai servizi a tariffe agevolate: per gli stranieri non basta presentare l’ISEE, ma devono anche esibire documenti dichiaranti l’assenza di proprietà (o diritti reali) su beni immobili nel paese di provenienza. Si tratta peraltro di documenti non facilmente reperibili, talvolta nemmeno previsti dalle autorità dei paesi d’origine, a cui bisogna aggiungere il costo della traduzione consolare.

A seguito della dichiarazione dell’illegittimità del regolamento comunale di Lodi, la delibera di Assemi è stata sospesa fino al 30 marzo, ma già prima della sospensione solo due comuni (sugli otto del consorzio) ne avevano dato attuazione: San Giuliano e, per l’appunto, Melegnano. Il sindaco Bertoli si era però premurato di sottolineare che, in caso di necessità, si sarebbero valutate le condizioni delle famiglie caso per caso e che il comune avrebbe eventualmente rimborsato i pagamenti eccessivi in caso di dichiarazione di illegittimità.

Che regolamenti simili siano illegittimi e discriminatori è piuttosto evidente, non solo perché i comuni non hanno competenza in materia di controlli fiscali e soglie di esenzione (l’ISEE esiste proprio come parametro di valutazione uniforme, sull’intero territorio nazionale e per tutta la popolazione), ma perché si viola il principio di parità di trattamento: non solo le famiglie straniere hanno una procedura più onerosa da affrontare, ma nessuno controlla, ad esempio, se una famiglia italiana ha proprietà all’estero. C’è davvero bisogno di un giudice per discernere ciò che è giusto da ciò che non lo è?

Il germe del razzismo si veicola anche con alcune delibere

A Melegnano, adesso, di fronte a un ragazzo accolto da una famiglia e da una comunità, ma osteggiato da anonimi odiatori, il razzismo è evidente, e giustamente preoccupa. Il germe del razzismo è però più subdolo e si veicola attraverso temi di propaganda e tipi di narrazione che vanno da un (ingiustificato) spettro securitario al riferimento alla scarsità di risorse economiche. Così, nei comizi e nelle aule consiliari, l’odio del razzista trova asilo e giustificazione. Il monito sulla questione arriva da lontano, da un testo di Freud di più di un secolo fa:

Là dove vien meno il biasimo della comunità cessa anche la repressione degli impulsi malvagi, e gli uomini si abbandonano ad atti di crudeltà, di perfidia, di tradimento, di brutalità, che sembrerebbero incompatibili col livello di civiltà che hanno raggiunto.

La riflessione torna così all’ipocrisia legalitaria che confonde politica e giustizia, aspettando l'intervento della magistratura invece di impegnarsi a costruire una società equa, senza accorgersi che, istituzionalizzando la discriminazione, si sdogana anche il razzismo. La speranza è allora che la solidarietà di Melegnano a Bakary e alla sua famiglia mostri il volto umano della comunità, illuminando le istituzioni sulla necessità di prendere posizione non solo a parole, ma anche con i fatti, delibere comprese.

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Nata nel 1992 in provincia di Milano. Si è laureata in giurisprudenza con una tesi su Danilo Dolci e il diritto al lavoro, grazie alla quale ha vinto il premio Angiolino Acquisti Cultura della Pace e il premio Matteotti. Ora è assegnista di ricerca in diritto del lavoro. È autrice dei libri Potere forte. Attualità della nonviolenza (effequ, 2019) e Argomentare è diabolico. Retorica e fallacie nella comunicazione (effequ, 2022).
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