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Mamma licenziata da Ikea, il giudice del lavoro dà di nuovo ragione alla multinazionale

Il giudice del lavoro di Milano ha confermato il licenziamento di Marica Ricutti, la mamma di due figli che era stata mandata a casa da Ikea perché, a suo dire, non poteva rispettare gli orari di lavoro in quanto incompatibili con la necessità di accudire i suoi due bimbi, uno dei quali disabile. Ad aprile il tribunale aveva già dato ragione alla multinazionale svedese, respingendo il reintegro della donna: decisione che adesso è stata confermata. Ecco i motivi.
A cura di Francesco Loiacono
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Marica Ricutti, la donna licenziata da Ikea
Marica Ricutti, la donna licenziata da Ikea

È stato confermato il licenziamento di Marica Ricutti, la mamma di due figli che era stata mandata a casa da Ikea perché non rispettava gli orari di lavoro in quanto incompatibili con la necessità di accudire i suoi due bimbi, uno dei quali disabile. Il giudice del lavoro di Milano ha confermato il provvedimento preso dal colosso dell'arredamento svedese. Secondo l'agenzia di stampa Ansa il magistrato ha ritenuto che "i fatti disciplinarmente rilevanti contestati dalla datrice di lavoro sono pienamente confermati". Marica Ricutti, madre separata di 40 anni, era stata licenziata dall'Ikea di Corsico dopo 17 anni di lavoro nel novembre dello scorso anno. Sulla vicenda, che aveva suscitato forti critiche da parte dei sindacati e aveva portato a diversi presidi da parte dei colleghi della donna, erano arrivate due diverse versioni.

Da una parte quella della donna, che sosteneva di essere stata licenziata per non aver rispettato, in due diverse circostanze, gli orari lavorativi che le erano stati imposti dall'azienda dopo un cambio di mansione ma che lei aveva già detto di non poter rispettare per via dei suoi figli. Dall'altra l'azienda, che in una nota aveva parlato del licenziamento come di una decisione "difficile ma necessaria" spiegando che l'ex dipendente nell'ultimo periodo di lavoro si era "autodeterminata l’orario di lavoro senza alcun preavviso né comunicazione di sorta, mettendo in gravi difficoltà i servizi dell’area che coordinava e il lavoro dei colleghi, creando disagi ai clienti e disservizi evidenti e non tollerabili". Comportamenti che secondo Ikea avevano "compromesso la relazione di fiducia".

Ad aprile il tribunale aveva già dato ragione a Ikea

Marica Ricutti si era rivolta, assistita dal sindacato, al tribunale del lavoro di Milano per chiedere il reintegro. Ma ad aprile di quest'anno un giudice aveva già dato ragione alla multinazionale svedese, ritenendo il licenziamento "non discriminatorio" e riconoscendo che i comportamenti della donna erano stati "di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e consentono l'adozione del provvedimento disciplinare espulsivo". Una decisione che era stata accolta con stupore dalla Cgil e dall'avvocato della donna, Maurizio Borali, che aveva deciso di preparare opposizione al provvedimento del tribunale del lavoro di Milano. Adesso però il giudice ha confermato il licenziamento, rifacendosi integralmente all'ordinanza di aprile.

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