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Mamma di due figli licenziata, il giudice dà ragione a Ikea: “Atto non discriminatorio”

Marica Ricutti, madre di due figli piccoli, è stata licenziata da Ikea. Secondo il giudice i suoi comportamenti sono stati “di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e consentono l’adozione del provvedimento disciplinare espulsivo”.
A cura di Enrico Tata
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I comportamenti dell'ex dipendente Ikea sono stati "di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e consentono l'adozione del provvedimento disciplinare espulsivo". Per questo, ha decretato il giudice della sezione Lavoro del Tribunale di Milano, il licenziamento di Marica Ricutti non sarebbe discriminatorio e ha così respinto il ricorso presentato dalla mamma lavoratrice, che chiedeva un risarcimento e il reintegro al suo posto di lavoro.

Secondo il giudice Ikea "ha cercato di venire incontro alle esigenze della lavoratrice, sia impostando la turnistica sulla base delle emergenze" della lavoratrice stessa. L'azienda ha provato "di aver regolarmente concesso negli anni di usufruire permessi ex Legge 104 per l'assistenza ai genitori e successivamente al figlio disabile, senza che ciò abbia influito minimamente" sulla carriera della donna. Marica si sarebbe invece "autodeterminata" gli orari "senza preavvertite il responsabile, pur consapevole del proprio nuovo orario, in due giornate, nella prima pur in mancanza di una esigenza familiare specifica, nella seconda, pur consapevole dei disagi gia' in precedenza arrecati e delle contestazioni verbali dei responsabili. Provato e altrettanto grave è quando la lavoratrice ha deciso di fare la pausa all'ora da lei stabilita, senza neppure preavvertire il responsabile e semplicemente ha chiuso la cassa, all'ora di punta, trattandosi di reparto ristorante, senza addurre alcuna plausibile ragione".

Ikea: "La decisione restituisce verità"

La corte "ha riconosciuto la gravità dei comportamenti tenuti da Marica Ricutti e, conseguentemente, ha confermato la legittimità della decisione di Ikea di interrompere il rapporto lavorativo", spiega in una nota l'avvocato di Ikea, Luca Failla. "La decisione, confermata dai testimoni che sono stati ascoltati durante il procedimento, restituisce la verità dei fatti a una vicenda che in questi mesi è stata interpretata in maniera strumentale e di parte, diffondendo tra l'opinione pubblica un'immagine di Ikea che non corrisponde ai valori che esprime nel suo impegno quotidiano verso clienti, dipendenti e fornitori", precisa l'avvocato.

La storia di Marica

Marica, madre separata con due figli di 10 e 5 anni, di cui uno disabile al 100 per cento, non poteva più rispettare gli orario imposti da Ikea dopo un cambio di mansione. La donna avrebbe detto ai suoi datori di lavoro che non sarebbe riuscita ad arrivare a lavoro alle 7. Avrebbe posto la questione ai suoi superiori e, non avendo ricevuto risposta, decise di osservare gli stessi orari che faceva prima del cambio di mansione (dalle nove del mattino fino a fine turno). Ikea illustrò una diversa versione dei fatti: "Negli ultimi 8 mesi la Sig.ra Ricutti ha lavorato meno di 7 giorni al mese e, per circa la metà dei giorni lavorati, ha usufruito di cambi di turno e spostamenti di orario, concordati con i colleghi e con la direzione del negozio. Nell’ultimo periodo, in più occasioni, la lavoratrice – per sua stessa ammissione – si è autodeterminata l’orario di lavoro senza alcun preavviso né comunicazione di sorta, mettendo in gravi difficoltà i servizi dell’area che coordinava e il lavoro dei colleghi, creando disagi ai clienti e disservizi evidenti e non tollerabili. Di fronte alla contestazione di tali episodi e alla richiesta di spiegazioni da parte dei suoi responsabili su questo comportamento, la Sig.ra Ricutti si è lasciata andare a gravi e pubblici episodi di insubordinazione. Sulla base dei propri valori, del rispetto dovuto alla totalità dei propri collaboratori e della cura dei propri clienti, Ikea, pur avendo fatto il possibile per andare incontro alle richieste della lavoratrice, ha ritenuto non accettabili comportamenti di questo tipo che hanno compromesso la relazione di fiducia. Alla luce di questa insostenibile situazione l’azienda è giunta alla decisione di interrompere il rapporto di lavoro".

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