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Mamma con figlio disabile licenziata, il tribunale dà ragione a Ikea. La Cgil: “Siamo sbalorditi”

Il tribunale del lavoro di Milano ha dato ragione a Ikea nella vicenda del licenziamento di Marica Ricutti, la 39enne mamma di due figli lasciata a casa lo scorso anno dalla multinazionale svedese. Il segretario della Filcams Marco Beretta: “Siamo sbalorditi, si sono voluti anteporre gli interessi di una multinazionale alle esigenze di una lavoratrice che per 18 anni è stata dipendente Ikea”. Cgil e l’avvocato della donna sono intenzionati a dare battaglia.
A cura di Francesco Loiacono
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All'indomani della decisione del tribunale del lavoro di Milano, che ha ritenuto legittimo il licenziamento, da parte di Ikea, di una mamma con due figli piccoli di cui uno disabile, la Cgil annuncia che andrà avanti con la sua battaglia legale: "Si sono voluti anteporre gli interessi di una multinazionale alle esigenze di una lavoratrice che per 18 anni è stata dipendente Ikea", ha detto il segretario della Filcams Marco Beretta. La vicenda è quella ormai molto nota di Marica Ricutti, 39 anni di cui 18 passati all'interno della filiale Ikea di Corsico, nell'hinterland di Milano.

Marica era stata licenziata dall'Ikea lo scorso anno, dopo 18 anni in azienda

Lo scorso anno Marica, dopo aver assunto la qualifica di coordinatrice del reparto Food, aveva chiesto all'azienda maggiore flessibilità: i nuovi orari difatti non erano compatibili con le sue esigenze di mamma separata, per di più con un figlio disabile a cui badare. Dopo alcuni silenzi da parte dell'azienda la 39enne in due circostanze (a suo dire) non aveva rispettato i nuovi orari, osservando quelli vecchi. L'azienda l'aveva allora licenziata, con un provvedimento definito "difficile ma necessario": "Negli ultimi 8 mesi la Sig.ra Ricutti ha lavorato meno di 7 giorni al mese e, per circa la metà dei giorni lavorati, ha usufruito di cambi di turno e spostamenti di orario, concordati con i colleghi e con la direzione del negozio – si leggeva nel comunicato aziendale – Nell’ultimo periodo, in più occasioni, la lavoratrice – per sua stessa ammissione – si è autodeterminata l’orario di lavoro senza alcun preavviso né comunicazione di sorta, mettendo in gravi difficoltà i servizi dell’area che coordinava e il lavoro dei colleghi, creando disagi ai clienti e disservizi evidenti e non tollerabili".

L'avvocato della donna: Discriminata perché donna e madre

Ieri il tribunale del lavoro di Milano ha dato ragione alla multinazionale svedese, ritenendo il suo comportamento non discriminatorio e riconoscendo, al contrario, che i comportamenti della 39enne sono stati "di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e consentono l'adozione del provvedimento disciplinare espulsivo". "Siamo sbalorditi", è stata la replica di Beretta della Filcams. Per il segretario generale della Cgil di Milano, Massimo Bonini, si è trattato di un caso di "discriminazione di genere": "Quante donne sono costrette a rinunciare al lavoro perché non si creano le condizioni affinché sia conciliabile con le esigenze della famiglia? E l'Italia è il primo Paese per dimissioni dal lavoro delle donne". Un concetto che è stato ribadito ai microfoni di Fanpage.it anche da Maurizio Borali, avvocato di Marica Ricutti: "Discriminazione viene invocata nella misura in cui le difficoltà di questa lavoratrice sono strettamente collegate al suo essere donna e madre, perché se non avesse avuto questa difficoltà famigliari questo non sarebbe accaduto". Anche l'avvocato Borali intende preparare opposizione al provvedimento del tribunale del lavoro di Milano: "Fortunatamente esistono più gradi di giudizio".

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