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Nuovo stadio di San Siro

Demolizione stadio San Siro a Milano: la città è disposta a sacrificare un proprio simbolo?

Dopo l’annuncio del presidente del Milan e dell’amministratore delegato dell’Inter è tornata alla ribalta la questione del possibile abbattimento dello stadio Meazza di San Siro per far posto a un altro impianto. Politica e imprenditoria cittadine sembrano essere pronte a sacrificare un simbolo della città in nome della voglia di cambiamento e del pragmatismo che Milano incarna. Ma i milanesi sono pronti a dire addio a uno degli impianti più iconici del mondo? E soprattutto: basterà la volontà popolare a salvare San Siro?
A cura di Francesco Loiacono
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Lo stadio Meazza di San Siro, a Milano, sarà molto probabilmente abbattuto per far posto a un altro impianto. L'annuncio congiunto del presidente del Milano Paolo Scaroni e dell’amministratore delegato dell'Inter Alessandro Antonello, è arrivato in una giornata, quella odierna, non casuale: a Losanna infatti nel pomeriggio si deciderà se il capoluogo lombardo, in tandem con Cortina d'Ampezzo, ospiterà le prossime Olimpiadi invernali del 2026. Milano guarda avanti, dunque, sogna in grande dopo l'Expo 2015. La città cresce, attira sempre più turisti, produce da sola oltre il 10 per cento del Pil dell'Italia. Milano va veloce, forse anche troppo. E sembra essere disposta a sacrificare sul suo vorticoso cammino uno dei suoi simboli, come il Teatro alla Scala o il Duomo.

L'operosità milanese non risparmia quasi nulla

D'altronde, se ci si pensa bene, poco o nulla sembra salvarsi da quella operosità e da quel pragmatismo meneghini divenuti una sorta di cliché. I lavori attorno alla Cattedrale milanese non si sono mai fermati: la "Veneranda fabbrica", l'ente che si occupa del Duomo, è un cantiere in costante attività da secoli. E chissà che non sia stato proprio questo a salvaguardare la Madonnina (che però assiste davanti a sé alle novità che si susseguono, come ad esempio le "famigerate" palme). Anche il Teatro alla Scala, il "tempio della lirica", negli ultimi anni è stato oggetto di lavori di riqualificazione (e altri partiranno a breve) che hanno aggiunto strutture nuove e moderne all'originario impianto del Piermarini. Milano, insomma, sembra essere disposta a pagare il prezzo del cambiamento sacrificando, o rimodellando, anche i propri simboli. È avvenuto, nel corso della storia, con i Navigli (progressivamente ricoperti durante il Fascismo, a parte i pochi superstiti) o anche (per fare uno degli innumerevoli esempi) con la Chiesa di San Giovanni in Conca, sacrificata a esigenze urbanistiche nel Dopoguerra e di cui rimangono pochi resti in superficie e una suggestiva cripta sottoterra.

Il nodo della proprietà dello stadio

Anche la "Scala del calcio", com'è soprannominato lo stadio oggi intitolato a Giuseppe Meazza, nel corso della sua storia (dal 1926 a oggi), ha subito vari lavori di riqualificazione. Alcuni, come l'aggiunta del terzo anello per i mondiali di calcio di Italia '90, lo hanno anche profondamente mutato. Oggi i due club calcistici della città hanno però fatto sapere in maniera netta che non ci potrà essere un futuro per l'impianto. Una sua ristrutturazione, che pure era stata caldeggiata dal sindaco Beppe Sala come opzione prioritaria, viene evidentemente vista come troppo onerosa per i due club. La realtà è probabilmente che, si veda il modello Juve, nel calcio "moderno" ai club, sempre più alla ricerca di introiti, servono impianti di proprietà. E San Siro è di proprietà del Comune, un elemento che è stato ribadito anche oggi dal sindaco: "Il Comune di Milano è proprietario di San Siro e nel nostro dossier noi garantiamo che San Siro funzionerà ancora nel 2026", ha detto un po' seccato il primo cittadino, anche lui a Losanna per attendere la decisione del Cio. Quella di Sala non è però una chiusura totale: "Dopo il 2026 se ci sarà un nuovo stadio si deciderà quale sarà il futuro di San Siro, ma oggi siamo in grado di confermare che quello sarà il luogo dove vi sarà la cerimonia di apertura", ha aggiunto il sindaco.

La volontà popolare potrà fermare una decisione che sembra già presa?

La demolizione di San Siro, insomma, è effettivamente una possibilità presa seriamente in considerazione e non è più un'indiscrezione giornalistica, come era emerso lo scorso marzo. Allora, un sondaggio tra i lettori di Milano Fanpage aveva evidenziato come la maggioranza dei milanesi (75 per cento) fosse contro l'abbattimento del Meazza, ritenuto un simbolo (un nuovo sondaggio è disponibile a questo link). E alla volontà popolare per salvaguardare un "monumento nazionale, un simbolo di Milano e dell'Italia nel mondo" si è appellato anche il presidente del Municipio 7 di Milano, Marco Bestetti (Forza Italia): ha promosso il comitato "No demolizione di San Siro" e ha chiesto un referendum sull'eventuale demolizione. Ma chissà se la volontà popolare potrà nulla contro una decisione calata dall'alto e che, forse, sembra essere ineluttabile: se la politica e l'imprenditoria (in questo caso i due club) troveranno un accordo, sarà difficile che il vecchio San Siro si possa salvare. E che l'opzione della demolizione dell'impianto trovi terreno fertile trasversalmente lo dimostra anche una dichiarazione odierna del consigliere Alessandro De Chirico, anche lui di Forza Italia come Bestetti: "Come tutti i milanesi sono affezionato a San Siro, luogo di imprese impresse nella memoria di entrambe le tifoserie milanesi. Un buon amministratore deve essere pragmatico. Stiamo parlando di un manufatto in cemento del 1926, non del Duomo, e se è stato demolito lo stadio di Wembley, che non era certo da meno quanto a memoria storica, può esserlo anche il nostro se le condizioni pratiche ed economiche fossero favorevoli a questa scelta".

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