Bisogna agire e farlo ora, per non rischiare di vedere replicata anche a Milano la tragica immagine della colonna di camion dell'esercito che porta via decine di salme dal cimitero di Bergamo. Bisogna avere il coraggio di prendere decisioni difficili, anche estreme. I numeri del contagio ancora non scendono, i positivi al coronavirus aumentano. Senza farsi prendere dal panico, quindi, è necessario capire cosa fare, ora, per fermare la strage. L'emergenza non riguarda solo Bergamo e Brescia, le province dove i morti sono centinaia ogni giorno. A Milano il numero dei casi confermati aumenta costantemente. L'ultimo bollettino, la sera del 19 marzo, è allarmante. I casi confermati salgono a 3.278 a livello provinciale con un'impennata di 634 in più nelle ultime 24 ore. In città sono 1378, in aumento di 287 da ieri.
Ecco perché il governatore lombardo Attilio Fontana, il sindaco di Milano Beppe Sala, le autorità sanitarie e ora anche gli esperti inviati dalla Croce rossa cinese hanno lanciato l'allarme: c'è ancora troppa gente per la strada, sui mezzi pubblici, nei supermercati e nei luoghi di lavoro. Così l'epidemia non si ferma e gli ospedali rischiano il collasso totale. “Servono misure più rigorose. Dovete chiudere tutto per salvare le vite – ha spiegato il delegato cinese arrivato in Lombardia con il suo bagaglio di esperienza– non abbiamo una seconda scelta”.
La Lombardia presenterà al governo la proposta di fermare negozi, uffici pubblici, aziende non coinvolte nei servizi essenziali e sport all’aperto. I richiami al senso di responsabilità nei giorni scorsi non sono bastati. Secondo le stime di Palazzo Lombardia circa il 40 per cento della popolazione si muove troppo. I ragazzi "beccati" nei parchetti in compagnia degli amici. Gli anziani che non rinunciano a fare la spesa tutti i giorni. Le troppe persone viste passeggiare all'aperto. I runner finiti "sotto processo" per le troppe attività all'aria aperta mentre tutti gli altri sono costretti a guardarli dal balcone. "Fate una riflessione", si è raccomandato Beppe Sala, "pensate che mentre correte e siete felici, ci sono cento persone alla finestra che vi guardano e si arrabbiano perché sono reclusi".
Una riflessione la devono fare anche tutte quelle fabbriche, aziende e attività commerciali ancora aperte che chiedono a dipendenti e operai di prendere i mezzi per recarsi sul posto di lavoro e poi, spesso, svolgere le proprie mansioni senza il rispetto delle norme di sicurezza consigliate. Fermarsi tutti per velocizzare la soluzione: questo è il messaggio sul modello di quanto fatto a Wuhan in Cina.
Fermare tutto è anche ciò che suggeriscono i numeri della provincia di Milano. Il dato dei nuovi casi giornalieri, con qualche oscillazione, era in lento ma continuo aumento (più 244 il 14 marzo, più 199 il 15 marzo, più 233 il 16 marzo, più 343 il 17 marzo, più 318 il 18 marzo). Ora ha subito un'accelerazione che non ci voleva. Se la curva non inizierà a scendere, come sperano esperti e autorità, non è escluso che le stesse drammatiche scene viste in Val Seriana e in altre zone della provincia di Bergamo si possano ripetere anche a Milano. Sentisi al sicuro e lontani dall'epicentro è l'errore più grande. Un mese fa nessuno pensava che avremmo mai assistito a scene del genere in Italia. Era un'illusione quando il focolaio era in Cina, lo è mille volte di più adesso che è alla porta di casa nostra.