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Elezioni regionali Lombardia 2018

Che cos’è il Controllo del Vicinato e perché c’entra con il boom della Lega in Lombardia

Dall’hinterland milanese ai piccoli centri montani, la domanda di sicurezza cerca risposte sociali, con la crescita di gruppi spontanei di Controllo del vicinato. C’è un rapporto tra il partito di Matteo Salvini e l’associazione che si definisce apartitica? Sicuramente c’è una visione comune: entrambi puntano sulla percezione di insicurezza e la socialità escludente.
A cura di Roberta Covelli
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Nella nuova Italia delineata dalle elezioni, la Lega si è tolta dal nome il Nord, ma continua a dominare sulla zona. Con più di dieci punti percentuali sopra la media nazionale, Salvini alle politiche ottiene in Lombardia il 29,15%, trascinando la coalizione di centrodestra alla vittoria schiacciante: 48% di preferenze alla Camera, con tutti i seggi uninominali ottenuti (a parte i tre di Milano), ed elezioni regionali stravinte da Attilio Fontana, che sfiora il 50% staccando di venti punti Gori, vincente solo a Milano, Mantova e Bergamo. Per cercare di capire il risultato, può essere utile uno sguardo alla provincia lombarda: quasi nove milioni di abitanti, dall’hinterland milanese ai piccoli centri montani. È questa la zona in cui, negli ultimi anni, in corrispondenza al risorgere della nuova Lega salviniana, è cresciuto anche un movimento civico: il Controllo del Vicinato.

Si tratta di un’associazione apartitica che mira "a diffondere la cultura della prevenzione, della solidarietà sociale e della partecipazione dei cittadini a progetti di ‘sicurezza partecipata‘, al fine di garantire la sicurezza all’interno delle proprie comunità. Nata spontaneamente tra il 2008 e il 2009 a Caronno Pertusella, comune di meno di 20mila abitanti in provincia di Varese, si è costituita associazione nel 2013, e due anni dopo ha formalizzato la costituzione con atto notarile, dotandosi di organo direttivo e struttura organizzativa. Ma che cos'è, in concreto, il Controllo del Vicinato?

Il programma prevede l’auto-organizzazione tra vicini per controllare l’area intorno alla propria abitazione. Questa attività è segnalata tramite la collocazione di appositi cartelli. Il loro scopo è quello di segnalare a chiunque passi nell’area interessata al controllo che la sua presenza non passerà inosservata e che il vicinato è attento e consapevole di ciò che avviene all’interno della propria area.

Un insieme di piccole attenzioni fa sì che i molti occhi di chi abita il quartiere rappresentino un deterrente credibile per chi volesse compiere furti o altre forme di reato (graffiti, scippi, truffe, vandalismi ecc.). La collaborazione tra vicini è fondamentale perché si instauri un clima di sicurezza che verrà percepito da tutti i residenti e particolarmente dalle fasce più deboli come anziani e bambini.

Non si tratta di una novità: sul finire degli Anni Sessanta si fece strada l’esperienza statunitense del Neighbourhood Watch, sull’onda di fatti di cronaca e di studi di psicologia sociale che avrebbero portato, tra gli altri risultati, anche all’elaborazione della teoria delle finestre rotte, secondo cui la repressione della microcriminalità, creando un clima di ordine, eviterebbe la commissione di reati più gravi (tesi applicata, ad esempio, da Rudolph Giuliani a New York negli Anni Novanta). La partecipazione dei cittadini al controllo del territorio si diffuse poi in Gran Bretagna, nel 1982, a partire da Mollington, un villaggio con meno di mille abitanti in Cheshire. Da lì, i gruppi di controllo del vicinato sorgeranno un po’ in tutta Europa: le associazioni nazionali si sono poi riunite nel 2014 in Austria, fondando l’EUNWA, European Neighbourhood Watch Association.

In Italia, l’associazione Controllo del Vicinato conta 1592 gruppi registrati che operano in 321 comuni, di cui 296 nelle regioni settentrionali: sono 168 comuni interessati solo in Lombardia.

Nelle file dell’associazione, tra esperti e comitato scientifico, si ritrovano anche diversi appartenenti alle forze dell’ordine, e, in effetti, la collaborazione con la polizia locale è necessaria per l’attività: i cittadini devono infatti evitare di intervenire nelle situazioni di pericolo o comunque sospette, limitandosi a chiamare le forze dell’ordine. Da parte loro, amministrazioni comunali e comandi di polizia locale collaborano con l’associazione, partecipando talvolta come relatori agli incontri informativi promossi e, nel caso dell’Emilia Romagna, anche elaborando delle linee guida sul fenomeno.
Ma che cosa c’entra il risultato della Lega con l’associazione Controllo del Vicinato?

Sia chiaro: l’associazione, nello statuto, si definisce “apolitica e apartitica, laica e non ha scopi politici” e l’estraneità alle contese elettorali emerge anche da un comunicato, pubblicato in febbraio, in cui si specificava che nessun partito o candidato era autorizzato ad affiancare il logo dell’associazione a materiale politico. Anche la correlazione tra la crescita dei gruppi spontanei di controllo del territorio e quella della Lega non è univoca: la formazione di Matteo Salvini ha aumentato i consensi quasi ovunque, compresi i comuni in cui l’associazione opera, ed è impossibile valutare obiettivamente un eventuale rapporto di causalità tra i due.

I due fenomeni hanno però diversi elementi in comune che caratterizzano una provincia lombarda spesso ignorata o non compresa nella sua complessità e che meriterebbero maggior attenzione. Innanzitutto, la percezione di insicurezza. Negli ultimi anni, come nel resto d'Italia, i crimini sono diminuiti, mentre è aumentata la sensazione di non essere al sicuro. Anche i mezzi di informazione influiscono: oltre alle reti nazionali, con Dalla vostra parte ogni sera in onda, a intervistare gruppi di persone preoccupate che urlano in diretta denunce su microcriminalità e immigrazione, come striscia quotidiana, l'elettore lombardo può contare anche su canali televisivi e giornali locali che, per vicinanze politiche o carenza di notizie, si attestano su temi simili.

C'è poi anche l'accanimento contro il degrado, nella convinzione che esso sia terreno di coltura per la criminalità, ma, più in generale, contro il diverso, inteso come qualunque elemento estraneo alla realtà consolidata: il programma di Controllo del Vicinato spiega come i cartelli con il logo dell'associazione servano a spiegare al passante sconosciuto che "la sua presenza non passerà inosservata". Si intravede in queste parole un ritorno all'idea di devianza come pericolo, perché il diverso, l'inusuale, l'ignoto viene visto come rottura dell'abitudine e, quindi, anche della sicurezza. A parere di chi scrive (vivendo nell'hinterland milanese), si tratta di un elemento tipico della mentalità della zona: se il capoluogo è frenetico e proteso alla produttività o allo svago, la provincia è al contrario il rientro nella vita privata, alla tranquillità dei piccoli comuni, a famiglie, oratori e parrocchie come forme privilegiate e rassicuranti di socialità, a ritmi rodati, consolidati. La provincia è la patria della tradizione, il luogo in cui il dialetto rappresenta ancora una lingua non solo per gli anziani: vi si costruiscono reti sociali, familiari e di vicinato, semplici e preordinate, quasi escludenti.

Di fronte a questa tendenza culturale, è allora più semplice (e di sicuro successo) coltivare il senso di comunità come difesa dell'esistente, invece che come costruzione della novità sociale, privilegiando invece degli scambi culturali gli atteggiamenti di chiusura, controllo (e sospetto), nella ricerca di ordine e sicurezza.

Il successo della Lega e la crescita dei gruppi spontanei di controllo del vicinato non devono però portare a dipingere la provincia lombarda come un territorio di xenofobi: alla luce delle dichiarazioni di Fontana, sarebbe inquietante (oltre che scorretto) affermare che un lombardo su due sia razzista. Esistono, certo, coloro convinti della superiorità della razza, così come i leghisti della prima ora con i fazzoletti verdi. La realtà è però più complessa degli stereotipi e i bisogni, sia pure psicologici, di sicurezza sono richieste reali che affondano le radici in una realtà culturale che l'analisi politica ignora.

Torna allora la domanda: c'è un rapporto tra Lega e Controllo del Vicinato? Percezione di insicurezza, approccio pre-crimine, paura della devianza, socialità escludente: i gruppi di controllo esprimono un disagio e una modalità di azione che diversi attori politici e culturali ignorano, o sbeffeggiano, o cavalcano, finendo per fomentare paure che aumentano l'atteggiamento di chiusura già fin troppo presente in certe realtà culturali, che finisce per premiare la Lega di Salvini, che intercetta quei bisogni e ci vince le elezioni.

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Nata nel 1992 in provincia di Milano. Si è laureata in giurisprudenza con una tesi su Danilo Dolci e il diritto al lavoro, grazie alla quale ha vinto il premio Angiolino Acquisti Cultura della Pace e il premio Matteotti. Ora è assegnista di ricerca in diritto del lavoro. È autrice dei libri Potere forte. Attualità della nonviolenza (effequ, 2019) e Argomentare è diabolico. Retorica e fallacie nella comunicazione (effequ, 2022).
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