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Autista dà fuoco a un bus pieno di studenti

Bus in fiamme, i carabinieri che hanno salvato i bimbi: “Abbiamo solo fatto il nostro dovere”

È un racconto incredibile quello dei carabinieri che hanno salvato la vita ai 51 bambini rimasti intrappolati nel bus dirottato da Ousseynou Sy, il 46enne che voleva dar fuoco al mezzo con i piccoli dentro. “Sono loro i veri eroi”, hanno detto. Attimi concitati e una situazione che si è risolta solo grazie al loro sangue freddo.
A cura di Salvatore Garzillo
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Simone Zerbilli, uno dei carabinieri intervenuti (Foto Fanpage.it)
Simone Zerbilli, uno dei carabinieri intervenuti (Foto Fanpage.it)
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Fuma una sigaretta dietro l’altra, fa tutto con la mano destra perché la sinistra è fasciata. "Ho un po’ di schegge di vetro all’interno, direi che è andata bene". Simone Zerbilli guarda l’auto mezza distrutta parcheggiata sotto la copertura della caserma di San Donato Milanese. Il lunotto è esploso, il paraurti posteriore sporge da un lato con una forma da opera d’arte contemporanea. Zerbilli è il carabiniere alla guida della pattuglia che ieri è stata speronata da Ousseynou Sy, il 46enne che ha dirottato un autobus con 51 bambini a Crema e ha appiccato il fuoco a bordo quando è stato fermato sulla strada provinciale Paullese a San Donato Milanese. Se il mezzo è stato bloccato è stato per merito della manovra da film di Zerbilli, in servizio alla stazione dal 2002 ma impreparato alla giornata come tutti i suoi colleghi. "L’unico pensiero è stato di salvare i ragazzini all’interno, mi sono messo di traverso ma l’autista non ha rallentato la marcia e ci ha travolto spingendoci contro un camion. In quel momento ho stretto forte il volante, ho tentato di limitare i danni. Ho avuto paura – ammette senza vergogna – soprattutto per il mio collega seduto al lato passeggero. Se l’auto si fosse girata in un altro modo sarebbe rimasto schiacciato tra la portiera e l’autobus".

Il ritorno a casa dei carabinieri dopo una giornata straordinaria

E poi? Come si affronta il ritorno a casa dopo una giornata così intensa? "Una bella doccia e via". Ha fatto lo stesso il carabiniere Donato Zigrino, al suo primo giorno di servizio a San Donato: "È stato un inizio pazzesco, ho lavorato con colleghi che non sanno ancora come mi chiamo ma l’intesa è stata totale, l'interesse di tutti era salvare i bambini. Quando l'autobus si è fermato, dopo aver speronato un'auto civile e una pattuglia di colleghi, ho rotto un finestrino col manganello per fare uscire i passeggeri. Ricordo benissimo una ragazzina con la magliettina rosa così spaventata che non riusciva a muoversi, ho dovuto prenderla in braccio e portarla via". Una volta a casa si è lanciato sul divano con una stanchezza provata poche volte, ha abbracciato moglie e figlia, ha chiamato i parenti in Puglia per rassicurarli. Infine, anche per lui "una lunga e meritata doccia". Zigrino ha lavorato alla stazione di Porta Romana, a Milano, il boschetto dell’eroina di Rogoredo è stato il suo "ufficio" per anni. Mai nessuno gli aveva detto "sei un eroe": "L’ho sentito dire per la prima volta a mia moglie ieri sera. Ma no, ho fatto il mio dovere. In famiglia mi comporto da eroe, per strada sono solo un carabiniere".

Nessuno dei carabinieri intervenuti si sente un eroe

Nessuno degli 11 uomini intervenuti per i 51 ragazzi – compresi i militari che erano al centralino – si trova a proprio agio con questa definizione. Il giorno dopo hanno tutti lo sguardo incredulo, un po’ frastornato. Forse è solo sonno. "Siamo andati a dormire a mezzanotte, ancora non ho realizzato quello che abbiamo fatto – racconta il carabiniere scelto Aldo Alberto Leone – Appena arrivata la segnalazione siamo partiti all’inseguimento. A un certo punto l’autobus si è fermato ma quando l’autista si è accorto che i ragazzi stavano scendendo ha iniziato a ripartire e mentre riprendeva la marcia li ho visti lanciarsi in corsa dalla porta e dai finestrini. Qualcuno ha riportato leggeri traumi per la caduta". Anche Leone ha la mano destra fasciata: "Durante le fasi concitate, abbiamo preso a pugni e a spallate la porta per aprirla, era bloccata da tutti i ragazzi ammassati. Non abbiamo pensato a nulla, il nostro unico pensiero era tirarli fuori da quell’inferno".

Il carabiniere che ha risposto ai bimbi: Ho capito che non era uno scherzo

A molti chilometri da lì, con le cuffie attaccate alle orecchie per ascoltare e immaginare ogni movimento dei colleghi, c’era Maurizio Atzori, il primo operatore della centrale operativa di Lodi a raccogliere la telefonata dei due ragazzini che hanno nascosto il cellulare al sequestratore. “Ho capito subito che non era uno scherzo, quei ragazzini sono stati incredibili. Uno in particolare ha mantenuto la calma e mi ha fornito tutte le indicazioni per individuare il loro autobus. Hanno avuto un sangue freddo davvero invidiabile. Loro sì che sono eroi”. Forse Ramy S., uno dei due 13enni di origine egiziana, otterrà la cittadinanza per meriti straordinari.

Il percorso inverso a quello di Sy, nato in Senegal e diventato cittadino italiano dopo un lungo e faticoso percorso di integrazione interrotto da quei 40 minuti di follia. "La cosa che più ci ha colpito è la freddezza del personaggio, il fatto che non abbia avuto alcun momento di cedimento durante tutta la giornata – confessa Marco Nazzarri, comandante del nucleo Radiomobile di San Donato. – Continuava a ribadire l’odio che aveva nei confronti di noi bianchi. Da come parlava sembrava una sua cosa personale interiore, senza alcun piano dettato da un'organizzazione terroristica. Una volta in caserma ha detto che non avrebbe fatto male a nessuno ma per me è una pazzia. Non cospargi di liquido infiammabile un autobus con 51 bambini a bordo se non vuoi fare una strage".

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