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Un mese alla chiusura di Expo 2015. E dopo?

A un mese dalla chiusura dell’Expo di Milano è ancora incerto il destino dell’area che ospita i padiglioni. Per il bilancio dell’evento in termini economici e di contenuto c’è tempo. Ma il tempo scarseggia per decidere cosa sorgerà a Rho-Pero una volta finito Expo. E per evitare che, qualsiasi cosa sia, non rimanga una cattedrale nel deserto, serve coinvolgere i cittadini.
A cura di Francesco Loiacono
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Ormai ci siamo. Tra scandali e polemiche, l'Expo di Milano si avvia verso la sua conclusione. I cancelli dell'area espositiva di Rho-Pero chiuderanno definitivamente tra un mese esatto, il 31 ottobre, nonostante siano circolate leggende metropolitane sul possibile prolungamento dell'evento. Per i bilanci finali ci sarà tempo: i numeri della manifestazione, che hanno alimentato molte polemiche negli scorsi giorni, decreteranno il successo o meno dell'Esposizione universale sul fronte economico. Bisognerà capire se si riuscirà a raggiungere il pareggio di bilancio, come auspicato dal commissario unico Giuseppe Sala. Se i visitatori alla fine saranno stati davvero i 20 milioni auspicati (anche se forse per non registrare perdite ne serviranno 24) oppure meno.

Sul fronte del gradimento da parte del pubblico, ci sono sondaggi positivi commissionati dalla stessa Expo Spa. Non vanno però ovviamente taciute le tanti voci critiche nei confronti dell'evento, nel quale le multinazionali hanno avuto un posto di primo piano a discapito dei piccoli agricoltori. Per non parlare degli sprechi di cibo, del problema dei prezzi elevati e di tanti altri elementi che hanno un po' appannato quello che è il claim della manifestazione: "Nutrire il pianeta, energia per la vita".

Comune e Regione chiedono al governo di entrare in Arexpo

Per un bilancio, economico e in termini di contenuti, dell'evento, ci sarà tempo, come già detto. Tempo che invece stringe rispetto a un altro problema: cosa succederà al termine della manifestazione. Il destino dell'area (quasi un milione di metri quadri) su cui sorgono i padiglioni di Expo è ancora incerto. Il Corriere della sera scrive della richiesta al governo da parte di Regione Lombardia e Comune di Milano di entrare, a parità di quote azionarie, nel capitale sociale della società pubblica Arexpo, dalla quale lo Stato risulta incredibilmente assente (mentre è presente nella Expo Spa). Sull'argomento il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti avrebbe assicurato un vertice a Roma entro la prossima settimana.

Per il dopo Expo serve la partecipazione dei cittadini

Rinforzare l'assetto azionario di Arexpo, garantendo la parità decisionale di tutti gli attori coinvolti rappresenta il primo punto per affrontare l'eredità, in termini materiali, dell'Expo. Il secondo punto è decidere concretamente cosa sorgerà su quell'area, situata in una zona periferica della città, ma per il cui collegamento col resto della metropoli sono stati investiti (e qualcuno dice sprecati) molti soldi pubblici. Vederla deperire lentamente, a causa della lentezza burocratica, è un rischio che Milano non si può permettere. Ma per far sì che non sia così serve che qualsiasi cosa vi sorgerà al posto dei padiglioni possa rappresentare un'attrattiva per i milanesi, così come, nel bene o nel male, è stata l'Esposizione universale. Se si tratterà del campus universitario proposto dalla Statale, della cittadella dell’innovazione ipotizzata da Assolombarda, di entrambe o di altro, lo si dovrebbe quindi vedere insieme a chi quell'area la utilizzerà veramente: i milanesi. Senza partecipazione il rischio di "cattedrali nel deserto" è elevato.

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