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Tifoso dell'Inter morto dopo la partita con il Napoli

Tifoso morto prima di Inter-Napoli, la moglie di Daniele Belardinelli: “Solo un gran lavoratore”

Parla la moglie di Daniele Belardinelli, l’uomo morto mercoledì sera nel concitato pre-partita di Inter-Napoli dopo essere stato investito da un suv: “Mio marito era solo un grande lavoratore, una brava persona, gli volevano tutti bene”. Belardinelli aveva 39 anni e lascia due figli. Era uno dei leader dei Blood and honour, ultras di estrema destra del Varese ed era stato sottoposto a due Daspo. Ancora non identificato il conducente del mezzo che lo ha travolto.
A cura di Francesco Loiacono
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Daniele Belardinelli
Daniele Belardinelli
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Aveva due figlie e una moglie Daniele Belardinelli, l'uomo morto mercoledì sera, 26 dicembre, nel concitato pre-partita di Inter-Napoli. Ed è proprio la moglie del 39enne (Belardinelli era nato nel 1979 e non nel 1983, come riportato in un primo momento) che alla "Gazzetta dello sport" ha rilasciato alcune dichiarazioni per spiegare chi era il marito: "Una brava persona, gli volevano tutti bene. Mio marito era solo un grande lavoratore". Un aspetto, quello dell'attaccamento al lavoro, che era stato sottolineato anche dal padre nel corso di un'intervista per Sportmediaset: "Bravo ragazzo, lavoratore e dedito alla famiglia".

Un ritratto che però è quanto meno incompleto: perché Daniele era anche un ultras, uno dei leader del gruppo "Blood & Honour" del Varese (frangia del tifo legata all'estrema destra), colpito in passato da due Daspo per reati da stadio (in un'occasione aveva colpito l'allora direttore sportivo del Varese, Sean Sogliano e in un'altra aveva preso parte a violenti scontri prima di un'amichevole contro il Como) e sottoposto negli ultimi mesi all’affidamento in prova ai servizi sociali.

La moglie: Non ha mai fatto male a nessuno

Daniele faceva parte delle centinaia di ultras che mercoledì sera hanno teso un agguato ad alcuni supporter del Napoli che stavano cercando di raggiungere lo stadio Meazza di San Siro. Un agguato che secondo la questura milanese era stato pianificato da settimane dagli ultras di Inter, Varese e Nizza, tutti "gemellati" tra loro e uniti contro i napoletani. Non è chiaro se Daniele fosse armato: la polizia ha trovato sul luogo dell'agguato spranghe, martelli, addirittura una falce. I tifosi napoletani aggrediti (quattro i feriti, nessuno in pericolo di vita) parlano addirittura di un ultras che ha distrutto il vetro di un van con un'ascia. Le immagini degli scontri raccontano di persone incappucciate e armate, di un agguato teso in mezzo a una strada a scorrimento veloce, via Novara. Daniele sarebbe stato investito dal conducente di un suv forse estraneo all'ambiente del tifo e ancora non identificato, che probabilmente spaventato per il caos lo ha travolto ed è scappato. Portato dagli stessi ultras (i primi a intervenire sono stati alcuni supporter napoletani) all'ospedale San Carlo, il 39enne è purtroppo morto: "Sapevo che si sarebbe trovato con gli amici per andare allo stadio – ha detto la moglie Cristina – Andare allo stadio gli piaceva, certo, ma non ha mai fatto male a nessuno". Eppure Daniele allo stadio non è mai arrivato: la sua vita si è fermata prima, tra via Novara e via Sant'Elena, durante un agguato a tifosi di una squadra di calcio avversaria.

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