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Strage al tribunale di Milano, indagati per omicidio colposo tre vigilantes

Tre vigilantes che erano in servizio al tribunale di Milano il giorno della strage ad opera di Claudio Giardiello sono indagati per omicidio colposo dalla procura di Brescia. Il killer ha infatti detto che lo scorso 9 aprile passò dal varco di via San Barnaba presidiato dai tre, riuscendo a superare i controlli di sicurezza nonostante avesse con sé la pistola con cui ha poi ucciso 3 persone.
A cura di Francesco Loiacono
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Tre vigilantes che erano in servizio al tribunale di Milano lo scorso 9 aprile, giorno della strage ad opera del killer Claudio Giardiello, sono indagati per omicidio colposo dalla procura di Brescia. I pubblici ministeri che indagano sulla morte del giudice Fernando Ciampi, dell'avvocato Lorenzo Appiani e di Giorgio Erba hanno notificato ai tre vigilantes, che quel giorno presidiavano il varco di via San Barnaba da dove entrò Giardiello, un'informazione di garanzia.

I tre vigilantes erano in servizio dove passò il killer

Si tratta di uno sviluppo importante quanto prevedibile delle indagini, soprattutto alla luce di quanto affermato dal killer ai magistrati lo scorso 30 giugno. Nei verbali dell'interrogatorio, di cui negli scorsi giorni sono stati pubblicati ampi stralci su alcuni giornali, Giardiello aveva infatti raccontato: "Io sono passato regolarmente dal metal detector, mentre, la borsa nella quale custodivo la pistola l’ho fatta passare sotto il FEP, lo strumento preposto al controllo degli effetti personali. Ho pensato che se avessero individuato l’arma avrei detto che avrei voluto suicidarmi in aula. Non avevo preso alcuna precauzione per cercare di nascondere l’arma al metal detector. Se mi avessero fermato avrei avuto la possibilità di buttare fuori tutto".

Parole che, come avevamo già scritto a fine giugno, sembrano inchiodare alle loro responsabilità chi doveva materialmente controllare il varco d'accesso. Nel corso dell'interrogatorio Giardiello ha poi ripercorso la giornata del 9 aprile, fino al momento in cui è esplosa la sua furia omicida. Ecco cosa riporta in merito il Corriere della sera:

"Davanti a me c’erano i due soci Limongelli ed Erba (Davide Limongelli, suo nipote, è rimasto ferito, ndr) Ho sparato verso di loro, mi sembra prima verso Erba". Di nuovo, a questo punto, Giardiello dice di aver pensato di uccidersi: "Ho pensato che dovevo spararmi ma poi davanti c’erano Erba e Limongelli. Non ho avuto il coraggio di spararmi e ho iniziato a sparare a loro". Afferma di essersi spostato verso Claris Appiani che stava testimoniando: "So di aver sparato anche a Claris Appiani ma non riesco a ricordare nulla. Mi ricordo il suo viso". Poi, dice di essere uscito dall’Aula, di aver visto all’esterno Verna (rimasto ferito): "Non volevo ucciderlo, per cui gli ho sparto volutamente alle gambe. Lui è un bravo ragazzo". L’uomo dice di essere corso al piano di sotto, il secondo, dove casualmente avrebbe raggiunto l’ufficio del giudice Ciampi che si era occupato di alcuni procedimenti fallimentari. Lo ha riconosciuto. "Non so cosa mi ha preso e la mia testa mi ha detto che dovevo sparare. E così ho fatto". Giardiello sostiene che nella stanza c’era solo il giudice, le indagini sostengono che c’era anche la sua cancelliera. "Ho sparato dal corridoio senza entrare nella stanza. Ciampi era in piedi dall’altra parte della stanza". Giardiello ha rifatto la stressa strada che aveva percorso in entrata uscendo dal varco di via San Barnaba, con la pistola riposta nella tasca. Fuggito in scooter dichiara di aver per l’ennesima volta pensato di suicidarsi dopo aver fumato una sigaretta. Infine, l’arresto a Vimercate da parte dei carabinieri.

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