Strage al tribunale, Giardiello: “Avrei ucciso ancora, io rovinato dai tribunali”
Update: L'interrogatorio per la convalida dell’arresto di Claudio Giardiello, il killer del tribunale di Milano, è stato fissato per lunedì, giorno in cui saranno eseguite anche le autopsie sulle tre vittime della furia omicida di Giardiello. Le accuse a carico dell'imprenditore sono di omicidio plurimo premeditato, tentato omicidio e lesioni gravi. Titolare del fascicolo è la procura di Brescia, visto che nella vicenda è implicato un magistrato di Milano, il giudice Fernando Ciampi, una delle vittime di Giardiello.
Intanto, dalle dichiarazioni rese da Giardiello nel verbale al momento dell'arresto, sembra che l'uomo sia entrato dall'ingresso di via Manara – riservato ad avvocati e giudici – senza mostrare alcun tesserino: "Quando ho superato il varco ho pensato: se mi fanno passare con la pistola, lo faccio… ", ha detto Giardiello secondo quanto riporta Repubblica. Il killer è poi "uscito tranquillamente dal tribunale". Confermata l'intenzione dell'omicida di uccidere ancora: "Meno male che mi avete fermato, stavo andando ad uccidere un altro coimputato nella vicenda che non era in tribunale", ha detto Giardiello. La sua prossima vittima sarebbe stata Massimo D'Anzuoni.
Sulle motivazioni della strage, Giardiello avrebbe attribuito la colpa ai giudici: "Il tribunale mi ha rovinato, quel posto è l'origine di tutti i miei mali. Odio i magistrati, è colpa loro. Con loro non parlo". Il killer ha confermato di aver agito per vendetta, e ha poi cacciato anche il suo avvocato d'ufficio.
Il giorno dopo sono ancora tanti gli interrogativi che circondano la sparatoria al Tribunale di Milano dove hanno perso la vita tre persone, il giudice fallimentare Fernando Ciampi, un coimputato, Giorgio Erba, e l'avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani. Prima di tutto: com'è possibile che Claudio Giardiello sia riuscito ad entrare con un'arma all'interno del Tribunale? Perché non è stato controllato? Sotto accusa la società di vigilanza incaricata di far rispettare le misure di sicurezza, diversi testimoni parlano di un metal detector rotto, poi l'ipotesi che Giardiello sia entrato con un tesserino falso avanzata dal procuratore Bruti-Liberati dopo la visione delle telecamere di sicurezza.
Gli inquirenti si aspettano che sia lo stesso imputato, dimesso giovedì in serata dall'ospedale dopo che aveva avuto un attacco di cuore, a chiarire tutti gli aspetti della vicenda nell'interrogatorio previsto per oggi nel carcere di Monza dove è stato trasferito in serata. Poi l'udienza di convalida dell'arresto che si terrà tra oggi pomeriggio o più probabilmente sabato mattina.
Quella che sembra oramai sufficientemente chiara è la dinamica degli eventi. L'imprenditore, sotto processo per il fallimento fraudolento della società immobiliare Magenta, entra in tribunale alle 9.19 per assistere all'udienza che lo vede come imputato. Verso le 11.00 prima spara alcuni colpi nell'aula del tribunale dove si svolge il procedimento, al quarto piano. Poi scende al terzo e uccide nel suo ufficio il giudice Ciampi. Sulle scale incontra l'ex commercialista della società e lo gambizza. In tutti 13 spari con una pistola calibro 7.65, alcuni diretti verso il Pm Orsi, titolare dell'indagine a carico di Giardiello che fortunatamente non vanno a segno.
Altro punto interrogativo a cui si cerca una risposta è come sia possibile che il killer, dopo aver seminato terrore e morte all'interno del Tribunale, sia riuscito ad allontanarsi mischiandosi agli impiegati che venivano evacuati e ad arrivare in scooter fino a Vimercate nell'hinterland milanese, a 30 chilometri dal luogo della sparatoria. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti e rivelato dal Guardiasigilli Angelino Alfano, l'uomo si stava preparando a colpire ancora prima di essere rintracciato e arrestato: nel mirino ci sarebbe stato anche l'ex socio Massimo D'Anzuoni. Rimangono invece in ospedale i due feriti, il nipote dell'imprenditore Davide Limongelli, gravissimo per i proiettili che gli hanno perforato l'intestino, e il commercialista Stefano Verna, anch'egli testimone nel processo sul fallimento.