Processo per l’omicidio Macchi: l’autore della poesia ritenuta “prova regina” resta ignoto

Nuova udienza del processo per l'omicidio di Lidia Macchi a Varese. Unico imputato per il delitto, avvenuto nel gennaio del 1987, è l'ex compagno di liceo della vittima, Stefano Binda. L'uomo, che si è sempre dichiarato innocente, è stato arrestato nel gennaio del 2016 anche sulla base di una poesia, "In morte di un'amica", che secondo gli inquirenti sarebbe stato scritto dal presunto assassino. Il componimento, infatti, conterrebbe degli elementi che potevano essere noti solo a chi si trovava con la vittima nei boschi di Cittiglio, vicino Varese, dove la ventenne fu trovata priva di vita, colpita da 29 coltellate.
Resta il mistero sull'autore della poesia
Per gli inquirenti sarebbe stato Binda, oggi 49enne, a scrivere il poema, considerato la "prova regina" del processo. Lo affermano anche sulla base di un'amica dell'uomo, che avrebbe riconosciuto la grafia dell'ex compagno di liceo della vittima dopo aver visto la poesia in una trasmissione televisiva. Ma lo scorso aprile, nel corso della prima udienza del processo a Binda, i legali dell'imputato, Sergio Martelli e Patrizia Esposito, avevano chiesto ai giudici di ascoltare come testimone un avvocato che affermava di aver ricevuto una telefonata dal vero autore del poema. Il legale, Piergiorgio Vittorini, è stato ascoltato davanti alla Corte d'Assise di Varese, ma non ha chiarito il mistero che aleggia intorno alla poesia: l'avvocato si è infatti avvalso del segreto professionale, evitando così di rivelare il nome della persona che lo aveva contattato affermando di essere il vero autore del componimento "In morte di un'amica". La poesia, anonima, era stata inviata il giorno dei funerali di Lidia Macchi alla famiglia della ragazza: famiglia che adesso attende di avere giustizia a oltre 30 anni dalla morte della ventenne.