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Padre e figlia morti avvelenati dal tallio: la procura indaga per omicidio colposo

Attesa per oggi l’autopsia sulle salme di Giovanni Battista Del Zotto e della figlia Patrizia, deceduti a causa di un avvelenamento da tallio, metallo pesante nocivo per l’uomo. Sul caso la procura di Monza ha aperto un’inchiesta con le ipotesi di reato di omicidio colposo e lesioni a carico di ignoti. Altri quattro famigliari delle due vittime restano ricoverati: sequestrata la casa di campagna di Varno (Udine) dove sarebbe avvenuto l’avvelenamento.
A cura di Francesco Loiacono
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Oggi si svolgerà l'autopsia sulle salme di Giovanni Battista Del Zotto e della figlia Patrizia, deceduti a causa di un avvelenamento da tallio, metallo pesante la cui esposizione prolungata o ingestione possono avere effetti letali. I risultati dell'esame autoptico aiuteranno a fare luce in una vicenda che assume sempre più i contorni del giallo. Un caso su cui la magistratura vuole andare a fondo: la procura di Monza ha aperto difatti un'inchiesta con le ipotesi di reato di omicidio colposo e lesioni a carico di ignoti.

Sequestrata la casa di campagna dove sarebbe avvenuto l'avvelenamento

Il 94enne Giovanni Battista e la figlia 62enne sarebbero rimasti avvelenati dal tallio dopo un periodo trascorso nella casa di campagna di famiglia a Varmo, in provincia di Udine. Una casa che adesso è stata sequestrata e su cui si concentrano gli accertamenti dei carabinieri di Desio e Latisana, che indagano sulla vicenda in maniera congiunta. La famiglia Del Zotto è infatti originaria di Nova Milanese, in provincia di Monza e Brianza. Tutti i famigliari sono rimasti intossicati dal metallo pesante, e sono stati ricoverati all'ospedale di Desio. Patrizia e successivamente il padre Giovanni sono purtroppo deceduti: l'anziana madre di Patrizia, una donna di 86 anni, è ricoverata in gravi condizioni, mentre la sorella 58enne di Patrizia, che si era ricoverata assieme a lei lo scorso giovedì, è in condizioni stabili. Altri due famigliari sono ricoverati, ma le loro condizioni non desterebbero preoccupazione.

L'ipotesi del guano di piccioni e i casi precedenti di avvelenamento da tallio

La prima ipotesi degli inquirenti era che l'avvelenamento fosse dipeso dalla grande quantità di guano di piccioni presente in un fienile della casa di campagna, infestato appunto dai volatili. Il tallio, infatti, è presente negli escrementi dei piccioni: si sospettava che i membri della famiglia ne avessero inalato grandi quantità. Col passare del tempo e con l'aggravarsi del bilancio si è però fatta strada l'ipotesi che il metallo pesante sia stato ingerito dai membri della famiglia, forse con del cibo o del liquido contaminato. L'autopsia disposta dal pubblico ministero di Monza Vincenzo Nicolini fornirà un importante chiarimento a riguardo: l'analisi del fegato e dei polmoni delle vittime permetterà di capire se il tallio sia stato solo inalato o anche ingerito, orientando così le indagini in una precisa direzione. Intanto, emerge un particolare inquietante: come riportato dal "Messaggero veneto", negli ultimi 20 anni si sono verificati altri due casi mortali di avvelenamento mortale da tallio nella zona intorno a Lignano e a Camino al Tagliamento, in provincia di Udine: sono avvenuti in un raggio di soli sei chilometri dalla casa di campagna di Varno della famiglia Del Zotto.

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