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Omicidio Lidia Macchi, sul corpo della ragazza trovati quattro peli di uno sconosciuto

Sul corpo di Lidia Macchi, studentessa universitaria uccisa nei boschi di Cittiglio (Varese) 31 anni fa, sono stati trovati quattro peli di un uomo al momento sconosciuto. Non appartengono all’unico imputato per l’omicidio, l’ex compagno di liceo di Lidia Stefano Binda, in carcere dal gennaio del 2016: l’uomo si è sempre professato innocente.
A cura di Francesco Loiacono
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Ennesimo colpo di scena al processo per l'omicidio di Lidia Macchi, la studentessa universitaria uccisa nei boschi di Cittiglio (Varese) il 5 gennaio del 1987. Unico imputato per un delitto di ormai 31 anni fa è Stefano Binda, ex compagno di liceo della vittima arrestato a gennaio 2016. L'uomo, che come Lidia frequentava l'ambiente di Comunione e liberazione, da allora si è sempre professato innocente: e adesso una nuova superperizia eseguita sulla salma della studentessa potrebbe scagionarlo in maniera definitiva. L'esame sul corpo di Lidia, eseguito da quattro periti tra cui l’anatomopatologa forense Cristina Cattaneo, ha rivelato la presenza di quattro peli che non appartengono a Binda, ma a un altro uomo al momento sconosciuto. I peli sono stati trovati sul pube della ragazza: la loro presenza potrebbe essere dovuta a un rapporto sessuale consensuale che Lidia ebbe poche ore prima di essere uccisa con 29 coltellate. Non si sa, naturalmente, se Lidia abbia consumato questo rapporto sessuale, il primo e unico della sua vita, con la persona che successivamente l'ha uccisa.

La salma di Lidia Macchi è stata riesumata dopo 30 anni

Il materiale biologico trovato dagli esperti (gli altri tre periti sono il colonnello del Ris di Parma Giampietro Lago, il maggiore del Ris Alberto Marino e la professoressa Elena Pilli dell'Università di Firenze) è stato isolato da una grande mole di altri reperti, ritenuti poco significativi ai fini della scoperta dell'assassino. I risultati della perizia, particolarmente difficile in quanto eseguita su una salma riesumata dopo 30 anni, sono stati esposti nel corso di un incidente probatorio davanti al giudice per le indagini preliminari. Adesso dovranno essere replicati davanti alla Corte d'assise di Varese, davanti alla quale si celebra il processo.

Non sono mancati i colpi di scena al processo

Durante il dibattimento non erano mancati altri colpi di scena: il processo si era aperto con la rivelazione (da parte dei legali della difesa) che a scrivere il poema "In morte di un'amica", una delle prove su cui si basa l'accusa, fosse stata un'altra persona e non Stefano Binda. L'ultimo colpo di scena è stato invece la rivelazione dell'amica da cui Lidia si recò la sera del delitto: Paola Bonari ha riferito che un'amica, alcuni anni dopo il delitto, fu avvicinata da un ex compagno di università, che le riferì di essere l'assassino di Lidia. Un'affermazione a cui le due donne non diedero peso perché il ragazzo in questione "era un soggetto un po' particolare".

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