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Omicidio Lidia Macchi, colpo di scena al processo: un amico di università disse di averla uccisa

Colpo di scena al processo per l’omicidio di Lidia Macchi, studentessa di Comunione e liberazione uccisa il 5 gennaio del 1987 nei boschi di Cittiglio, vicino Varese. Una teste ha riferito che, alcuni anni dopo il delitto, un’amica le rivelò che un suo compagno d’università disse di aver ucciso Lidia. La rivelazione, se confermata, scagionerebbe l’unico imputato nel processo, l’ex compagno di liceo di Lidia, Stefano Binda.
A cura di Francesco Loiacono
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Nuovo e clamoroso colpo di scena al processo per l'omicidio di Lidia Macchi, studentessa di Comunione e liberazione uccisa il 5 gennaio del 1987 nei boschi di Cittiglio, vicino Varese. Una teste ascoltata nel corso dell'udienza odierna ha riferito che, alcuni anni dopo il delitto, un'amica le rivelò che un compagno d'università di Lidia le disse di averla uccisa. Si tratterebbe di una rivelazione clamorosa, se confermata, che scagionerebbe l'unico imputato nel processo, Stefano Binda. Il 49enne, ex compagno di liceo di Lidia e come lei nel giro di Comunione e liberazione, è stato arrestato a gennaio dello scorso anno. Secondo gli inquirenti sarebbe lui l'assassino: a incastrarlo un poema anonimo "In morte di un'amica", che sarebbe stato recapitato ai genitori di Lidia il giorno dei funerali e conterrebbe dettagli che solo l'omicida poteva conoscere. Sull'attribuzione del poema a Binda – come sostenuto da una sua vecchia amica dopo averne visto la grafia – si gioca uno dei punti principali del processo.

L'amica che ha fatto la rivelazione è stata chiamata a testimoniare

Lo scorso aprile il dibattimento si era aperto con un primo colpo di scena: i legali dell'imputato avevano chiesto di ascoltare in aula un avvocato che sosteneva di aver ricevuto una telefonata dal vero autore del poema, che non sarebbe dunque Binda. Il legale, ascoltato a ottobre, non ha però voluto fare il nome dell'uomo misterioso, avvalendosi del segreto professionale. Dopo quel primo colpo di scena nell'udienza odierna è arrivato il secondo, che se fosse confermato sarebbe naturalmente eclatante. A testimoniare questa mattina è stata Paola Bonari, l'amica che Lidia era andata a trovare in ospedale la sera del 5 gennaio di 30 anni fa, poco prima di venire uccisa con 29 coltellate. Bonari ha detto che un'amica conosciuta ai tempi dell'università, Daniela Rotelli, dopo l'arresto di Stefano Binda si era rifatta viva, raccontandole ciò che un amico dei tempi dell'università le aveva rivelato alcuni anni dopo il delitto: e cioè di essere lui l'assassino di Lidia. La Bonari, incalzata dalle domande di difesa e accusa, ha detto di non essersi mai rivolta prima all'autorità giudiziaria perché il ragazzo in questione "era un soggetto un po' particolare": "Ho pensato a un'uscita, una boutade per impressionare Daniela", ha spiegato. L'udienza è stata quindi riaggiornata in attesa che la stessa Daniela Rotelli compaia in aula per chiarire una circostanza che potrebbe rappresentare una vera e propria svolta nel caso dell'omicidio di Lidia.

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