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News sull'omicidio di Rozzano

Omicidio di Rozzano, il killer conosciuto e temuto nella cittadina: “Per tutti è il boss”

E.S., il 35enne che lunedì a Rozzano ha ucciso l’ex suocero a colpi di pistola per vendicarsi di presunti abusi sessuali commessi dall’uomo sulla nipotina, figlia dell’omicida, è un nome molto conosciuto e temuto nella cittadina di Rozzano. Per tutti è il boss, o almeno lo era: il suo regno è adesso insidiato dalla malavita albanese. Ecco la lunga storia criminale del giovane killer.
A cura di Salvatore Garzillo
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A Rozzano tutti conoscono il suo nome, hanno paura di quel nome. Non c’è bisogno di pronunciarlo, basta dire “il boss” ed è chiaro a chiunque. Noi useremo le iniziali – E.S. – per evitare di rendere riconoscibile la sua bambina, già vittima di una vicenda di presunti abusi sessuali che è il punto di partenza di questa storia. Martedì pomeriggio si è costituito ai carabinieri confessando l’omicidio del suo ex suocero, il 63enne A.C., indagato per le presunte violenze sulla nipotina di pochi anni e costretto a trasferirsi a Napoli per evitare la vendetta del genero. Troppo lunga e troppo poco incisiva la giustizia dei tribunali per un reato che colpisce l’integrità della famiglia: questo deve aver pensato E.S., che lunedì pomeriggio ha consegnato al 63enne la sua personale sentenza con quattro colpi di pistola calibro 9×21 nel parcheggio del supermercato “Il Gigante” di Rozzano, a sud di Milano. Lo ha ammazzato lì, nel suo territorio, dove per tutti è il boss. O almeno era così fino a cinque-sei mesi fa, quando la pressione degli albanesi ha ridimensionato la sua arroganza.

Anche a Rozzano arrivano le stese: terra di conquista per la mala albanese

Prima erano relegati alla gestione della piazza di spaccio della frazione di Quinto de’ Stampi, ma col tempo “gli stranieri” sono riusciti a guadagnare terreno fino a entrare nel centro di Rozzano. Non è stato un passaggio facile, non lo è mai. Nell’ultimo anno ci sono state aggressioni, danneggiamenti e intimidazioni a colpi di pistola. Al Nord sono arrivate le “stese”, come le chiamano a Napoli. E.S. è nato lì 35 anni fa, parla quella lingua del sud mischiata all’italiano delle case popolari di Rozzano. Le sue iniziali sono le stesse di Emanuele Sibillo, il giovanissimo capo della “paranza dei bambini” di Forcella ucciso 2 luglio 2015 e diventato un eroe nero che campeggia sulle pagine Facebook di amici e parenti del boss del Milanese.

La lunga storia criminale del giovane killer di Rozzano

Ma la sua storia criminale è molto diversa. Inizia ufficialmente nel 2002 con una denuncia per “possesso di arnesi atti allo scasso”. Sette anni dopo lo denunciano per “fabbricazione e commercio di materiale esplodente” (un modo difficile per dire fuochi d’artificio) e per il possesso di due pistole ad aria compressa senza tappo rosso. Nel 2009 arriva anche il primo colpo duro, un’ordinanza di custodia cautelare per droga eseguita dalla squadra mobile di Milano. È il primo collegamento certificato con il traffico di droga, che per gli investigatori è la sua principale attività. Il primo dicembre di quell’anno inizia i domiciliari, a marzo è di nuovo libero ma con obbligo di firma.

Arriviamo al 2012: stavolta lo fermano a Milano e lo denunciano per porto abusivo di armi per il possesso di un coltello con la lama da 20 centimetri. Era in compagnia di altri due amici, entrambi armati di una mazza da baseball. Si ipotizzò che stessero andando o tornando da una spedizione punitiva. Il 27 giugno 2014 i carabinieri del nucleo Radiomobile di Corsico lo bloccano a Rozzano: E.S. ha appena chiarito i ruoli nella gestione dello spaccio in zona spaccando la testa a un pregiudicato con un manganello d’acciaio. Il boss deve avere sempre ragione: lo fa capire anche l’8 giugno 2015, quando picchia una guardia giurata dell’ospedale San Paolo che ha avuto l’ardire di rimproverarlo perché aveva preso a calci un cestino dei rifiuti. E.S. era entrato per visitare un parente, è uscito in manette con l’accusa di resistenza e lesioni personali.

Nel 2016 lo denunciano per il possesso di due grammi e mezzo di cocaina, l’anno successivo un’altra denuncia perché in auto gli trovano un taglierino e una mazza da baseball da 50 centimetri. Negli anni colleziona anche la gambizzazione del buttafuori di una discoteca e un “esercizio arbitrario delle proprie ragioni” picchiando e minacciando un altro pregiudicato che aveva accumulato un debito di diverse decine di migliaia di euro per una partita di droga. Storie finite entrambe nel nulla perché le vittime hanno ritrattato dopo la denuncia.

Anche il fratello del killer coinvolto nel traffico di droga

Tutte queste vicende contribuiscono ad alimentare la sua credibilità sulla strada, che monitora continuamente assieme ai suoi fedelissimi stando bene attento a non uscire dal recinto di Rozzano. Eppure in famiglia continua a essere considerato una mina vagante. Calcetto, donne, scommesse, droga e locali notturni sono gli elementi che emergono in mesi di intercettazioni delle forze dell’ordine. Molto diverso l’atteggiamento di suo fratello, più rigoroso e convinto dell’importanza di mantenere un profilo basso per non attirare l’attenzione della polizia. Lo stesso fratello, anch’egli pregiudicato e coinvolto nel traffico di droga, a cui lo scorso 4 novembre 2017 la divisione Anticrimine di Milano ha sequestrato beni per un milione di euro. Oltre al conto corrente gli hanno portato via una villa con box e giardino, un appartamento con box (entrambi a Rozzano) e un bar in zona Navigli. Gli investigatori dicono che in più occasioni ha fatto da garante per le intemperanze di E.S., da bravo fratello maggiore gli avrebbe evitato i guai seri. Che non sono quelli con le divise.

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