879 CONDIVISIONI

‘Ndrangheta in Lombardia, 24 arresti: ai domiciliari per corruzione il sindaco di Seregno

Maxi operazione dei carabinieri contro la ‘ndrangheta in Lombardia. Nel mirino dei pubblici ministeri di Monza e della Dda di Milano le infiltrazioni delle cosche nel mondo politico-imprenditoriale lombardo. Ventisette misure cautelari e 24 arresti: ai domiciliari anche il sindaco di Seregno Edoardo Mazza, accusato di corruzione. Indagato, sempre per corruzione, anche l’ex vicepresidente della Lombardia Mario Mantovani.
A cura di Francesco Loiacono
879 CONDIVISIONI
Immagine

Maxi operazione dei carabinieri contro la ‘ndrangheta in Lombardia. I militari del comando provinciale di Milano hanno eseguito dall'alba una serie di arresti nelle province di Milano, Monza e Brianza, Como, Pavia e Reggio Calabria. Destinatari delle misure cautelari sono 27 soggetti: per 21 di loro si sono aperte le porte del carcere, tre sono finiti agli arresti domiciliari e per altre tre persone è stata decisa la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio. La accuse sono, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, lesioni, danneggiamento (tutti reati aggravati dal metodo mafioso), associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, corruzione per un atto d’ufficio, abuso d’ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento personale.

Tra gli arrestati il sindaco di Seregno, Mazza: è accusato di corruzione

Una parte dell'inchiesta, partita dagli approfondimenti sui summit di ‘ndrangheta che si erano tenuti a Legnano e Paderno Dugnano, nel Milanese (già finiti nella precedente operazione "Infinito"), riguarda le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel mondo politico e imprenditoriale lombardo. E difatti tra gli arrestati (ai domiciliari) compare anche il nome dell'attuale sindaco di Seregno (Monza e Brianza), Edoardo Mazza. Per il primo cittadino, eletto per Forza Italia, l'accusa è di corruzione: avrebbe favorito un imprenditore locale legato alle cosche, A.L., promettendogli di ottenere la convenzione per costruire un supermercato in cambio di voti alle ultime elezioni amministrative. In un'intercettazione si sente il sindaco affermare, rivolto all'imprenditore: "Ogni promessa è un debito, no?". Coinvolti in questa parte dell'inchiesta anche un consigliere comunale di Seregno, anche lui agli arresti domiciliari, e un assessore, Gianfranco Ciafrone, che è stato interdetto dai pubblici uffici.

Indagato per corruzione anche Mario Mantovani

Sempre in questo filone dell'inchiesta è indagato, sempre con l'accusa di corruzione (non sono contestati reati per mafia), anche l'ex vicepresidente della Regione Lombardia, il forzista Mario Mantovani, i cui uffici sono stati perquisiti. Anche il "faraone di Arconate", già arrestato due anni fa in un'altra inchiesta sulla Sanità lombarda e poi tornato al suo posto al Pirellone tra mille polemiche, è indagato per i suoi rapporti con l'imprenditore di origine calabrese A.L.: sarebbe stato il suo politico di riferimento.

L'inchiesta è una costola dell'operazione Infinito

A coordinare l'inchiesta la procura di Monza (pubblici ministeri Luisa Zanetti, Salvatore Bellomo e Alessandra Rizzo) e la Direzione distrettuale antimafia di Milano (con i pm Ilda Boccassini, Alessandra Dolci e Sara Ombra). Le misure cautelari sono state emesse dai giudici per le indagini preliminari di Milano Marco Del Vecchio e di Monza Pierangela Renda. Si tratta di una costola dell'operazione Infinito del 2010, che aveva già visto la cooperazione tra le due procure. Gli inquirenti sono riusciti a dare un nome e un volto ad altri partecipanti ai due summit di ‘ndrangheta del 26 febbraio 2008 e del 31 ottobre 2009, che si erano tenuti rispettivamente presso il ristorante "Il Palio" di Legnano e presso il centro anziani "Falcone e Borsellino" (in spregio alla memoria dei due magistrati) di Paderno Dugnano. Le indagini, partite nel 2015, hanno permesso di identificare due elementi di vertice della "locale" (la cosca di ‘ndrangheta) di Limbiate, sempre in Brianza, che erano in stretti rapporti con altri sodali della "locale" di Mariano Comense, smantellata da un'operazione dei carabinieri nel febbraio 2016.

Le intercettazioni: Vogliono fare San Luca a Milano

Proprio gli approfondimenti sulle attività degli appartenenti alla "locale" hanno consentito di individuare e smantellare un sodalizio dedito esclusivamente all’attività di importazione, stoccaggio e commercializzazione di ingenti quantitativi di cocaina, anche in partite da 50 chili cadauna. La base era nel Comasco, ma molti dei soggetti che vi facevano parte erano originari di San Luca, paesino dell'Aspromonte in provincia di Reggio Calabria, e risultano legati a cosche di ‘ndrangheta di notevole spessore criminale. In alcune intercettazioni emerge la volontà di alcuni degli affiliati alle cosche di San Luca (protagonisti tra l'altro di una sanguinosa faida da cui scaturì la strage di Duisburg, nel Ferragosto del 2007) di ricreare la stessa organizzazione anche nei dintorni di Milano, al Nord.

I trafficanti custodivano armi di vario calibro (anche kalashnikov, come emerge da un'altra intercettazione) in un appartamento del comune di Cabiate (in provincia di Como), utilizzato come base logistica. Nell’associazione erano chiari ruoli e competenze dei singoli partecipanti: c'era chi si occupava delle operazioni di acquisto della sostanza stupefacente (i fornitori erano in Olanda, Germania e Grecia, e venivano visitati spesso per mantenere i contatti), chi stabiliva le modalità, i tempi e i quantitativi di droga da destinare alla vendita. Il denaro ottenuto dalla commercializzazione veniva poi trasportato in Calabria. Nel corso delle indagini sono state arrestate in flagranza 2 persone, nonché sequestrati 7,5 chili di cocaina e oltre 420mila euro in contanti.

Al centro dell'inchiesta la figura di un imprenditore: aveva una talpa in procura

Centrale nell'inchiesta la figura dell'imprenditore A.L., affermato nel settore edile a Seregno e titolare di numerose società. Era lui a fungere da cerniera tra il mondo della politica, della sanità e dell’imprenditoria, e quello della criminalità organizzata. Agli ‘ndranghetisti l'imprenditore chiedeva interventi risolvere controversie, come quella relativa alla compravendita di due cavalli o una vertenza con un inquilino moroso. E ancora, chiedeva di attivarsi affinché un privato gli restituisse un quadro o affinché venissero trovati i responsabili di un furto nella casa di un famigliare. In un caso, addirittura, è stato lo stesso imprenditore a intercedere nei confronti di una vittima di estorsione, consigliandogli di acconsentire alle richieste degli ‘ndranghetisti. L'imprenditore aveva anche una talpa in procura a Monza, arrestato con l'accusa di rivelazione di segreti d'ufficio.

879 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views