Con i nuovi dati comunicati oggi nel quotidiano aggiornamento sui contagi da Covid-19 salgono a 15.054 le persone decedute in Lombardia. Una cifra spaventosa che di fatto segna un punto importante nel lungo percorso della pandemia che ha messo in ginocchio un'intera regione, quella che più delle altre ha pagato un prezzo altissimo, in fatto di vite.
Le cifre tonde fanno sempre tanta paura e in questo caso forse un po' di più perché parliamo di persone, persone di cui in pochi conoscono nomi e cognomi, figuriamoci le storie, e di cui per settimane si è parlato come di numeri, da quantificare, per dare un volto a un male invisibile che continua a mietere vittime. Che cosa assurda: per identificare un nemico bisogna partire dalle vittime che si lascia alle spalle. Dai nonni d'Italia che figli e nipoti hanno accompagnato in ospedale e che non hanno più rivisto, ai padri e alle madri che si sono ammalati senza sapere come e che sono stati portati via di notte e di cui ancora i famigliari attendono notizie. Per il nostro paese sarà difficile dimenticare la scena di quei mezzi militari incolonnati nel cuore di Bergamo in attesa di poter portare via la morte dalla città, o di quelle bare impilate nelle camere mortuarie delle case di riposo che hanno accolto i nostri anziani, così come sarà impossibile dimenticare quei funerali che non si sono mai svolti, o quelle 61 croci bianche a Milano a indicare chi non potrà vivere nemmeno nel ricordo di qualcun altro.
In Lombardia 15mila morti che nessuno ha potuto piangere
La Lombardia ha 15mila morti da piangere e non ha avuto il tempo per farlo, e chissà se lo avrà mai. Perché a pochi giorni dall'inizio della cosiddetta Fase 2 c'è un popolo che brama il ritorno alla normalità e un'economia che bussa alla porta di tutti chiedendo di ripartire: il rischio è semplice e riguarda la possibilità con un'eventuale riapertura che i contagi riprendano ad aumentare e che quel trend di diffusione del Coronavirus possa crescere nuovamente. Nessuno però vuole veder aumentare il numero dei decessi, nessuno vuole raggiungere un'altra cifra tonda. Nessuno vuole tornare indietro e ripartire da zero. Ma ancora una volta nessuno sembra voglia prendersi la responsabilità di una scelta necessaria per tutti i cittadini: e allora sembra essere tornati indietro di qualche settimana quando la Lombardia discuteva di zone rosse e di chiusure, o di qualche giorno fa quando si parlava di tamponi e di test sierologici.
No, i morti non parlano e se mai lo facessero con presunzione penso che non direbbero di riaprire tutto, come qualcuno ha asserito con immonda superficialità qualche giorno fa: le 15mila persone morte in Lombardia non sono un numero, sono vite spezzate da un virus che non ha bussato alla porta prima di entrare, che non ha lasciato spazio a scelte sbagliate e non ha chiesto il permesso all'economia grande e piccola, ai negozianti o alle fabbriche, ai lavoratori autonomi o dipendenti di poter interrompere le loro attività. Ricordiamocelo quando rialzeremo le saracinesche o quando ci fermeremo in un parco con con i nostri cari, ricordiamocelo quando toglieremo le mascherine ai nostri operai e ai nostri rider, ricordiamocelo quando prenderemo le decisioni che dovranno essere giuste e coraggiose. Le vittime di un'epidemia possono avere accezioni diverse nel suo significato, ma i morti no. Per loro c'è una sola accezione e nonostante tutto sembra che qualcuno lo abbia già dimenticato.