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Autovelox, il giudice di pace boccia Palazzo Marino: “Verbali da annullare”

Un’automobilista che si è vista notificare un verbale per eccesso di velocità oltre il termine dei 90 giorni ha vinto il ricorso contro il Comune di Milano. Secondo il giudice di pace la prassi adottata da Palazzo Marino è illegittima e avviene “in spregio all’esigenza di certezza del diritto”.
A cura di Francesco Loiacono
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Nelle aule del tribunale di Milano si consuma una nuova puntata della battaglia sul "caso autovelox". Da un lato Palazzo Marino, che continua a notificare le multe agli automobilisti a partire non dal momento dell'accertamento tramite foto, ma da quando un operatore, visionando le immagini, associa la targa del veicolo al suo proprietario. Dall'altro tutti gli automobilisti che, vedendosi arrivare i verbali oltre il termine dei 90 giorni sanciti dal Codice della strada, decidono di fare ricorso. E lo vincono, come nell'ultimo caso raccontato dal Corriere. Il giudice di pace della settima sezione, Fabio Di Palma, ha infatti accolto il ricorso di un'automobilista in quanto la prassi adottata dal Comune di Milano avviene "in spregio all’esigenza di certezza del diritto". Una modalità d'agire giudicata dal giudice illegittima perché "consentire al Comune di posticipare i termini di decorrenza per la notifica del verbale significa, in ultima analisi, concedere all’Amministrazione stessa una non prevista (e allo stato non consentita da alcuna apposita previsione normativa) deroga dei termini prescrizionali previsti" dalla legge.

Botta e risposta tra il ministro Lupi e l'assessore Granelli

Sulla vicenda delle multe comminate per le infrazioni registrate dagli autovelox e sui loro tempi di notifica qualche giorno fa era intervenuto anche il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, che aveva bacchettato Palazzo Marino dicendo che "l’interpretazione estensiva dell’articolo 201 del codice della strada sulla decorrenza del termine per la notificazione delle violazioni al codice" non potesse "essere considerata legittima. Questo è chiaro e i Comuni si devono adattare". Il ministro era intervenuto dopo che già il Viminale, rispondendo a una sollecitazione della Prefettura milanese, aveva inviato una nota nella quale spiegava che la notifica doveva avvenire entro 90 giorni dall'infrazione, pur aprendo la strada a "fattori esterni" che potrebbero giustificare un ritardo nella notifica.

Al ministro Lupi aveva replicato l'assessore alla Sicurezza e polizia locale Marco Granelli, che si era detto "meravigliato" delle dichiarazioni del ministro e aveva ribadito che "l’accertamento inizia quando l’operatore verifica l’infrazione. È dovere di tutte le istituzioni semplificare la comunicazione con il cittadino e per questo stiamo accorciando i tempi di invio delle sanzioni". Adesso, nella vicenda arriva questo nuovo colpo da un giudice di pace, che però come tutte le sentenze emesse in questo ambito avrà valore solo per il caso singolo e non può determinare un principio generalmente valido. Probabile, quindi, che Palazzo Marino continuerà ad andare avanti con una prassi che ritiene corretta. Con un'evidente ricaduta in termini di costi per quegli automobilisti che continueranno a fare ricorso: "Per far valere le proprie ragioni, a fronte di una multa di 41 euro l’automobilista deve spenderne 70 solo per le spese vive. E se aggiunge le spese per l’avvocato, non necessario innanzi al giudice di pace ma essenziale per sperare in un giudizio favorevole, le spese salgono a dismisura tanto da indurrlo a rinunciare al ricorso", ha infatti commentato il legale della donna che ha presentato, e vinto, il ricorso contro il Comune.

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