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Terrorismo, la sorella di Fatima in tribunale: “Non credo che Maria Giulia sia ancora viva”

“Non credo che mia sorella sia ancora viva perché era malata”. Lo ha detto nel corso del processo d’appello tenuto a Milano la sorella di Maria Giulia Sergio, alias Fatima, la prima foreign fighter italiana condannata a nove anni per terrorismo internazionale. Anche la sorella di Fatima, Marianna Sergio, è stata condannata per terrorismo a 5 anni e 4 mesi: pena confermata anche in appello.
A cura di Francesco Loiacono
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Maria Giulia Sergio, alias Fatima, potrebbe essere morta. A dirlo è stata la sorella della prima foreign fighter italiana condannata (a nove anni) per terrorismo internazionale: "Non credo che mia sorella sia ancora viva perché era malata". Queste le parole pronunciate dalla sorella di Fatima, Marianna Sergio, anche lei condannata (a 5 anni e 4 mesi) per terrorismo internazionale. Accusa dalla quale si stava difendendo nel corso del processo d'Appello con rito abbreviato che si è tenuto a Milano. Marianna è detenuta dal 2015 nel carcere di San Vittore. Davanti ai giudici della Corte d'Assise d'appello ha detto di essere innocente: il viaggio in Siria di cui lei è accusata sarebbe stato organizzato non a fini terroristici, ma per permettere alla famiglia di Fatima (il papà Sergio, anche lui condannato a 4 anni e la madre Assunta Buonfiglio, morta nell'ottobre 2015 poco dopo essere stata arrestata) di avvicinarsi alla ragazza, proprio per via della malattia che l'affliggeva da tempo.

Confermate in appello la condanna alla sorella di Fatima

La sorella di Fatima davanti ai giudici ha detto di essere contraria a qualsiasi atto di matrice terroristica o politica, affermando anche che se tornasse indietro non rifarebbe ciò che ha fatto. Parole che non hanno però commosso l'accusa: il procuratore generale di Milano Nunzia Ciaravolo ha infatti chiesto ai giudici la conferme delle condanne inflitte sia a Marianna Sergio che a tutti gli altri tre imputati condannati in primo grado lo scorso 23 febbraio: 3 anni e 8 mesi per Arta Kakabuni, due anni e 8 mesi per Baki Koku, zio di Aldo, marito di Fatima e  tre anni per Lubjana Gjecaji. Pene che per il pg sarebbero "adeguate", anche perché nelle intercettazioni era emersa la "disponibilità a uccidere in Italia". Il giudice ha dato ragione al pg: le pene sono state tutte confermate in appello.

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