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Terrorismo islamico: 5 anni alla sorella di Fatima, la jihadista italiana

Marianna Sergio, sorella di Fatima, la ragazza di origini campane partita dal Milanese per andare a combattere al fianco dell’Isis in Siria, è stata condannata a 5 anni e 4 mesi per terrorismo internazionale. Il gup di Milano ha pronunciato altre tre condanne e un’assoluzione per famigliari e amici di Fatima. La ragazza, il marito, il padre e altre due persone sono state invece rinviate a giudizio.
A cura di Francesco Loiacono
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Update 16.55: È stata condannata a 5 anni e 4 mesi Marianna Sergio, sorella di Maria Giulia, alias Fatima, presunta jihadista italiana. La sorella della ragazza è stata giudicata colpevole di associazione con finalità di terrorismo internazionale dal giudice per l'udienza preliminare Donatella Banci Buonamici, che ha in sostanza accolto le tesi dell'accusa. Nel corso dell'udienza che si è tenuta nell'aula bunker del carcere di San Vittore sono stati condannati anche Arta Kakabuni e Baki Coku, zii del marito di Fatima, rispettivamente a 3 anni e 8 mesi e a 2 anni e 8 mesi. Tre anni di condanna anche per un'altra imputata, Lubjana Gjecaj, uno dei coniugi albanesi che avrebbero favorito il matrimonio tra Fatima e il marito. Il coniuge di Lubjana, Dritan Gjecaj, è stato invece assolto.

Fatima e il padre rinviati a giudizio

Sempre oggi il gup si doveva esprimere sulle richieste di rinvio a giudizio per Fatima e altri quattro imputati, tra cui il marito e il padre della donna. Il giudice ha deciso che andranno tutti a processo, con prima udienza fissata per il 13 aprile. L'unico al momento in Italia è però il padre di Maria Giulia, Sergio Sergio, accusato di aver organizzato un viaggio per finalità di terrorismo. Risultano invece latitanti Fatima, il marito, la madre del marito Donika Coku e la siriana con passaporto canadese Haik Bushra, colei che avrebbe indottrinato Fatima e la sorella (oltre ad altre donne) spingendole ad arruolarsi tra le file dell'Isis.

Cinque le persone a processo

Si chiuderà oggi, con le sentenze del giudice per l'udienza preliminare di Milano Donatella Banci Buonamici, il processo a cinque persone imputate con l'accusa principale di terrorismo internazionale. Si tratta di famigliari e conoscenti di Maria Giulia Sergio, alias Fatima, la ragazza di origini campane salita agli onori delle cronache per essere diventata la prima presunta jihadista italiana. Fatima e il marito, l'albanese Aldo Kobuzi, sono al momento latitanti: secondo gli inquirenti sarebbero partiti da Inzago, nel Milanese, verso la Siria a combattere al fianco dell'Isis. La sorella della donna, Marianna, due zii del marito e una coppia di coniugi albanesi sono invece in attesa del giudizio con rito abbreviato. La pena più alta è stata chiesta proprio per la sorella Marianna: 5 anni e 4 mesi.

Il padre di Fatima andrà a processo con rito ordinario

A processo, ma con rito ordinario, andrà anche il padre di Fatima, Sergio Sergio. Per lui le accuse sono più blande: il 60enne avrebbe organizzato il viaggio delle figlie ai fini di terrorismo assieme alla moglie e mamma di Fatima e Marianna, Assunta, deceduta lo scorso ottobre poco dopo essere travolta dall'inchiesta. Per gli inquirenti l'uomo potrebbe aver semplicemente subito le pressioni e il fervore ideologico delle figlie, lasciandosi condizionare magari anche sotto la spinta di un comune sentimento di amore paterno.

Fatima e il marito sono ancora latitanti

I due pubblici ministeri Sergio Romanelli e Paola Pirotta, che hanno condotto le indagini su quello che è uno dei più importanti casi di terrorismo internazionale in Italia, si aspettano che il giudice accolga le loro richieste, mettendo così un punto fermo nelle ipotesi accusatorie che, dopo questa prima tranche del processo, si dovranno concentrare sugli imputati ancora latitanti. Non solo Fatima e il marito, ma anche la siriana con passaporto canadese Bushra Haik, maestra di Maria Giulia. Una figura chiave nell'inchiesta: sarebbe stata lei che, trasferitasi a Riad dopo aver sposato un imam, avrebbe indottrinato Fatima, e probabilmente altre ragazze come lei, trasformandole in combattenti per lo Stato islamico. Pronte a tutto: anche al martirio.

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