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Spari in tribunale a Milano, un precedente nell’87: un imputato ferì due carabinieri

La sparatoria avvenuta giovedì mattina nel tribunale di Milano ha un precedente: nel 1987 in un’aula della Corte d’Assise in piazza Filangieri il detenuto Nuccio Miano sparò diversi colpi dalla gabbia dove si trovava: l’uomo mirava a due suoi coimputati ma ferì due carabinieri, fortunatamente in maniera lieve.
A cura di Francesco Loiacono
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La sparatoria di giovedì mattina non è stata la prima avvenuta in un'aula di giustizia a Milano. Il precedente, anche se meno tragico, è datato 5 ottobre del 1987. Teatro della sparatoria non fu un'aula del tribunale, ma quella della Corte di Assise di Milano, in piazza Filangieri davanti al carcere di San Vittore. Durante la requisitoria del pubblico ministero Francesco Di Maggio al processo Epaminonda – uno dei protagonisti della malavita milanese degli anni '70 – '80, il detenuto Nuccio Miano sparò, dalla gabbia dove si trovava, con una pistola ai coimputati Antonino Faro e Antonino Marano che erano in un'altra gabbia, e ferì due carabinieri. I due militari furono raggiunti uno ad una coscia e l'altro al gluteo. Lo sparatore utilizzò una pistola calibro 7,65 assemblata con pezzi di varie pistole e con la matricola abrasa ed esplose diversi colpi, la maggior parte dei quali andati fortunatamente a vuoto.

Il processo nell'aula bunker faceva riferimento alle vicende di mafia della "Milano nera" a cavallo tra gli anni '70 e '80, dominata dal clan dei catanesi di cui Angelo Epaminonda era il capo. Per quell'episodio il processo penale, svoltosi con il rito abbreviato, si concluse con la condanna di Miano a 12 anni di reclusione. Nel 1992 arrivò anche la condanna in sede civile per Miano per il risarcimento dei carabinieri feriti.

Nel 1994 una bomba durante un'udienza

Nel palazzo di Giustizia di via Freguglia invece, il 28 aprile del 1994, durante una udienza l'aula del processo a Sergio Cusani – imputato chiave di Tangentopoli – fu sgomberata d'urgenza alle 21 dai carabinieri che allontanarono l'allora pm Antonio di Pietro e tutti i presenti, dopo che era stata trovata una bomba tipo Srcm da addestramento. L'ordigno, che poi risultò inerte, era stato lasciato sotto una panca fuori dall'aula. Particolare curioso, dopo che il palazzo era stato evacuato ed erano stati completati tutti i controlli, Di Pietro tornò nel suo ufficio al quarto piano, seguito dai carabinieri della sua scorta e dal figlio Cristiano che all'epoca era in servizio come poliziotto. Anche in seguito a questi episodi i sistemi di sicurezza del tribunale furono rafforzati. Una misura che non è però servita a evitare la strage di giovedì mattina.

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