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“Sono Lidia Macchi, sono stata uccisa perché…”: nuovo giallo sull’omicidio della ragazza

Una lettera anonima recapitata ai genitori di Lidia Macchi, la studentessa di Varese uccisa nel 1987, è stata resa nota dall’avvocato di famiglia. Nel testo l’autore afferma di essere stato contattato da Lidia dopo la sua morte e di aver registrato un suo messaggio: “So chi è stato ad uccidermi, è stato un mio amico di Comunione e Liberazione”. Oggi nuovo interrogatorio per l’ex compagno di liceo, arrestato per il delitto.
A cura di Francesco Loiacono
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"Sono Lidia Macchi. Sono stata uccisa perché ho voluto difendere la mia verginità". Il giallo dell'omicidio della studentessa di Varese uccisa nei boschi di Cittiglio 29 anni fa si arricchisce di un particolare che sembra rimandare al paranormale. Si tratta di una lettera anonima, firmata da "Una mamma che soffre", che fu inviata ai genitori della ragazza dieci giorni dopo il delitto. La missiva, già nota agli inquirenti ma divulgata alla stampa solo ora dall'avvocato della famiglia Macchi, Daniele Pizzi, è importante perché conterrebbe al suo interno elementi che non potevano essere noti all'autore al momento di scrivere la lettera, a meno che non si tratti di una persona direttamente a conoscenza di particolari sull'omicidio. Tra questi, il fatto che la ragazza fosse stata violentata prima di venire uccisa.

"A uccidermi un mio amico di Comunione e Liberazione"

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Nel testo l'autore della lettera dice di aver ricevuto un messaggio proprio da Lidia dopo la sua morte, e di averlo registrato su un nastro magnetico. Secondo l'autore della missiva, imbucata il 21 gennaio 1987 a Vercelli, Lidia tra le altre cose avrebbe detto: "So chi è stato ad uccidermi, è stato un mio amico di Comunione e Liberazione". E ancora: "C'era anche lui quando mi hanno trovato è stato proprio lui a trovarmi ed è stato costretto a fingere un grande sgomento e dolore".

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Oggi nuovo interrogatorio per l'ex compagno di liceo di Lidia

Un particolare che al momento combacia con l'unico indagato per il delitto, il compagno di liceo di Lidia, S.B., che si trova dallo scorso 15 gennaio in carcere a San Vittore. L'uomo, 49enne, sarebbe stato incastrato a sua volta da un'altra lettera inviata ai genitori di Lidia il giorno dei funerali, con riferimenti precisi all'omicidio che lo inchioderebbero. Al momento però il 49enne è trincerato dietro un assoluto silenzio: si è avvalso della facoltà di non rispondere ma ha sempre negato le accuse. Un nuovo interrogatorio da parte del sostituto procuratore generale di Milano Carmen Manfredda, che ha ridato slancio a quello che sembrava ormai un cold case, è in programma quest'oggi. Il legale della famiglia della studentessa uccisa, intanto, spera che qualcuno possa riconoscere la grafia della lettera "paranormale" inviata ai genitori di Lidia e possa dare una mano agli inquirenti.

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