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Roberto Formigoni, ultimo atto: il processo per corruzione arriva in Cassazione, rischia l’arresto

Ultimo atto del processo Maugeri in cui è imputato, tra gli altri, l’ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni. L’ex Celeste è stato condannato in secondo grado a sette anni e mezzo per corruzione. Se la Cassazione dovesse confermare la condanna per il politico quasi 72enne potrebbe scattare l’arresto. Ecco tutte le tappe della vicenda processuale.
A cura di Francesco Loiacono
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Ultimo atto per la vicenda processuale che vede coinvolto l'ex governatore della Lombardia Roberto Formigoni. L'ex senatore di Area popolare, dallo scorso 4 marzo fuori dalla politica, a settembre dello scorso anno è stato condannato in appello a sette anni e mezzo di reclusione per corruzione nell'ambito del cosiddetto "caso Maugeri". Giovedì 21 febbraio la vicenda approda in Cassazione dopo il ricorso dei legali dell'ex governatore: una parte delle imputazioni risulterebbe prescritta ma, in caso di conferma della condanna da parte della Suprema corte (anche con una leggera riduzione della pena), Formigoni (che il 30 marzo compirà 72 anni) rischierebbe l'arresto. Lo prevede infatti la nuova legge "Spazzacorrotti" che ha eliminato la possibilità di scontare in affidamento condanne fino ai quattro anni. Difficile però che Formigoni finisca in carcere, considerando la sua età. Più probabile che possa scontare l'eventuale condanna ai domiciliari.

Utilità per milioni di euro in cambio di delibere favorevoli

Roberto Formigoni, politico di lungo corso sempre nell'orbita del centrodestra ed esponente di punta del movimento cattolico Comunione e liberazione, oltre a ricoprire varie cariche nel corso della sua carriera (è stato eurodeputato, deputato, senatore e sottosegretario nel governo Ciampi) è stato soprattutto il governatore della Lombardia per quasi venti anni tra il 1995 e il 2013. Proprio sul suo lungo "regno" in terra lombarda si sono accese le luci della magistratura. L'inchiesta che coinvolge Formigoni (e altri imputati) riguarda il periodo di tempo compreso tra il 1997 e il 2011. Secondo gli inquirenti (e anche i giudici di primo e secondo grado), in questo lasso di tempo Formigoni avrebbe favorito la Fondazione Maugeri di Pavia (ente che gestisce delle strutture di cura private) e l'ospedale San Raffaele di Milano (quello fondato da don Verzè) attraverso delibere di giunta che avrebbero garantito alle due strutture rimborsi non dovuti quantificati in circa 200 milioni di euro. In cambio Formigoni avrebbe ricevuto "utilità" quantificate in oltre 6,6 milioni di euro: non ci sarebbe stato dunque un passaggio di denaro, la classica "mazzetta", ma l'ex governatore avrebbe beneficiato di vacanze in yacht e ville, cene e regali. Per finanziare queste utilità sarebbero stati utilizzati parte dei fondi neri, circa 61 milioni di euro, usciti dalle casse della Fondazione e poi transitati dai conti di alcune società di altri due co-imputati al processo Maugeri, gli imprenditori Pierangelo Daccò e Antonio Simone, che nel frattempo hanno patteggiato.

Dal rinvio a giudizio sono passati cinque anni

Formigoni era stato rinviato a giudizio nel marzo del 2014 con le accuse di associazione per delinquere e corruzione. A dicembre del 2016 era stato condannato a sei anni di reclusione per la sola accusa di corruzione mentre era stato assolto dall'imputazione di associazione a delinquere. Nelle motivazioni della sentenza i giudici avevano parlato di un "quasi parallelismo" tra le erogazioni della giunta alla Maugeri e al San Raffaele e le utilità di cui Formigoni avrebbe beneficiato. In appello, nel settembre 2018, la condanna per l'Ex Celeste era stata aumentata a sette anni e mezzo di reclusione con l'interdizione perpetua dai pubblici uffici (che scatterebbe in caso di condanna definitiva). Anche in questo caso la condanna trova riscontro nelle motivazioni dei giudici che avevano parlato di vicende con "profili di gravità, oggettivi e soggettivi".

Formigoni ha sempre respinto ogni accusa

Formigoni si è sempre difeso dai fatti contestati sostenendo due tesi: che le "utilità" che gli sono state contestate siano in realtà regali di amici danarosi e soprattutto che gli atti finiti nel mirino dei giudici, cioè le delibere favorevoli alla Maugeri e al San Raffaele, siano atti collegiali, su cui dunque lui non poteva decidere da solo. "Nel 2006 un amico che da anni invitava i suoi amici ha invitato anche me, che ero suo amico da 40 anni. È un errore questo? L'amicizia è un reato? Secondo taluni sì. La magistratura – aveva aggiunto Formigoni a Fanpage.it nel corso di un'intervista all'interno della sua abitazione milanese – mi contesta alcune delibere e leggi, ma le delibere e le leggi sono atti collegiali. Perché non sono stati condannati insieme a me tutta la giunta e addirittura tutto il Consiglio regionale?". Nell'ultimo periodo, oltre che per le vicissitudini processuali, Formigoni è finito al centro delle cronache anche per la sua nuova vita da "comune cittadino": "È molto pesante perché mi hanno sequestrato tutti i beni nel 2014, all'inizio del processo, e una sentenza della Corte dei conti a maggio (2018, ndr) mi ha sequestrato tutta la pensione", aveva confidato l'ex Celeste sempre durante l'intervista di Fanpage. Adesso l'ex governatore attende l'esito finale del suo processo: nei giorni scorsi molti amici di Cl hanno organizzato per lui veglie di preghiera e messe.

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