Robbio: “Regione vietava il nostro test sierologico, ma l’hanno fatto anche politici di maggioranza”
La vicenda legata ai test sierologici in Lombardia è uno degli aspetti dell'emergenza sanitaria di Coronavirus su cui bisognerà far luce. Lo pensa, ultima in ordine di tempo, anche la procura di Milano, che ha aperto un'indagine conoscitiva sull'affidamento diretto da parte della Regione alla multinazionale Diasorin per quello che, fino alla delibera del 12 maggio, era l'unico test riconosciuto entro i confini lombardi. L'epidemia in Lombardia è però scoppiata a metà febbraio, e sono stati diversi i sindaci che, lamentandosi per l'assenza di tamponi e in mancanza di altri strumenti a loro disposizione, si sono "tuffati" nel mare magnum dei tanti test sierologici apparsi in commercio per cercare quantomeno di mappare la diffusione del virus tra i loro concittadini, pur consapevoli del fatto che nessuno di questi test potesse sostituire il tampone a fini diagnostici.
Il paradosso: anche politici di maggioranza si sono sottoposti al test "vietato"
Il sindaco di Robbio, Roberto Francese, è uno di questi. Il primo cittadino del comune di seimila abitanti in provincia di Pavia ha raccontato a Fanpage.it la propria esperienza. A Robbio la campagna di test volontari sulla popolazione è partita all'inizio di marzo: dopo circa un mese si sono fatti più di 4mila analisi del sangue, alla popolazione locale ma anche a carabinieri, finanzieri, operatori del 118, medici e infermieri venuti da fuori comune, nonostante la Regione Lombardia non riconoscesse ancora il test eseguito. "Noi volevamo dare il divieto assoluto a venire da fuori – spiega il sindaco Francese – ma poi hanno cominciato a chiamarci carabinieri, finanzieri, medici, infermieri. Di fronte alla disperazione delle categorie a rischio non ce la siamo sentita di impedirglielo, è stata una disobbedienza civile". E il sindaco racconta poi uno dei tanti paradossi della situazione: "Sono venuti (a fare i test) anche politici, anche regionali, della maggioranza". Cioè appartenenti a quelle stesse forze politiche che, alla guida della giunta, non riconoscevano fino a pochi giorni fa altri test, a parte quello della Diasorin.
I cittadini non hanno potuto donare i loro anticorpi per via del test non riconosciuto
Ma il "vero scandalo" secondo il sindaco Francese è un altro. Al completamento dei test si è scoperto infatti che circa 400 cittadini robbiesi hanno sviluppato gli anticorpi al virus e potrebbero donare il loro plasma per la terapia che sta dando i risultati migliori nella lotta al Covid-19, ovvero l’infusione degli anticorpi dai pazienti guariti a quelli malati. I cittadini di Robbio non possono però donare perché il test che hanno fatto non era appunto riconosciuto. "Quando si tirerà la riga alla fine di tutto spero che dalla Regione capiranno i gravi errori che hanno commesso nel non ascoltare il territorio – dice il sindaco -. Ancora l'altra sera (settimana scorsa, ndr) l'assessore Gallera sembrava non aver capito che tipo di test abbiamo fatto noi a Robbio".
(Intervista a cura di Simone Giancristofaro)