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Non solo Expo: ecco la Milano che non piace (e non funziona)

Dai problemi di integrazione all’emergenza case popolari di San Siro e Lorenteggio: ecco, zona per zona, un viaggio tra i problemi di Milano.
A cura di Francesco Loiacono
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L’integrazione che non decolla, le case popolari che cadono a pezzi, la microcriminalità, l’immigrazione incontrollata. Ma anche problemi legati a cantieri in ritardo oppure a opere pubbliche che comporteranno sacrifici enormi per i cittadini. Tutto questo, nel quadro di una crisi economica che comunque investe, in pieno, anche la città di Milano, capitale economica del Paese, una “città da seguire, laboriosa e innovativa” come ha detto il premier Matteo Renzi in occasione del vertice euroasiatico che ha portato nel capoluogo lombardo più di 50 Capi di Stato e di governo. Una città che, il prossimo anno, da maggio a ottobre, si appresta a ospitare le circa 20 milioni di persone che verranno a visitare l’Esposizione universale, dedicata ai temi dell’alimentazione e della sostenibilità. L’Expo sta rivoltando, come un calzino, l’intera città, aprendo cantieri, stravolgendo la viabilità e attirando anche il malaffare, come testimoniano le indagini in corso presso la Procura milanese e le oltre 40 interdittive emanate dalla Prefettura per bloccare ditte colluse con le mafie, specie la ‘ndrangheta. Per ora, sono sicuramente più i disagi che i vantaggi. Expo è però una questione trasversale, che attraversa tutta l’area metropolitana. Quali sono invece, zona per zona, i problemi principali della città di Milano? Una domanda ambiziosa, a cui è difficile rispondere in maniera esaustiva. Ma è bene almeno provare a fare un quadro della situazione.

Lambrate e Rubattino, i campi nomadi irregolari

“Abbracciamo i nostri fratelli rom”, disse Nichi Vendola sul palco in piazza Duomo, all’indomani della vittoria elettorale di Giuliano Pisapia alle Comunali del 2011. Chissà cosa ne pensano, adesso, gli abitanti di Lambrate e Rubattino, quartieri a est di Milano (zona 3). In questo momento sono le aree calde di un fenomeno che interessa l’intera città di Milano. Rom e sinti, di diverse nazionalità – molti sono anche i rom italiani – sembrano essere in aumento, anche se non esiste una stima precisa sul loro numero: potrebbero superare le duemila unità. Sono comunque in sovrannumero rispetto alla capienza dei campi “regolari” che il Comune ha allestito per ospitarli. Sistema tra l’altro, quello dei campi, che l’Europa chiede da tempo di superare, perché considerato inadeguato. Sulla loro pelle i rom scontano secoli di pregiudizi, ma a volte la loro presenza è fonte di disagi. Accattonaggio minorile, furti, degrado. Questo, almeno, quello che denunciano a gran voce alcuni comitati di cittadini sorti nelle aree in questione, che da diverso tempo sottolineano i problemi connessi alla presenza di nomadi nel loro quartiere. La piazza simbolo del degrado sembra essere diventata piazza Rimembranze di Lambrate, capolinea del tram 33. Persino i conducenti dell’Atm hanno paura a sostarvi, per via di alcuni episodi di violenza e furti avvenuti quest’estate. Tanto che c’è chi spinge per spostare il capolinea dall’altro lato dei binari, in piazza Bottini. Sarebbe simile a una resa dinanzi al mancato rispetto delle regole. Come, d’altronde, lo sembra anche la potatura di tutti i cespugli che ornavano la piazza. Verde sacrificato perché, tra quei rami, si trovava un po’ di tutto: da rifiuti e bottiglie di birra ad arnesi da scasso, come tronchesi. Il Comune di Milano, specie l’assessore alla Sicurezza Marco Granelli, ha effettuato diversi interventi per sgomberare e mettere in sicurezza palazzi abbandonati e sottopassi nei pressi della tangenziale Est occupati dai rom. Il problema principale, però, sembra essere uno: in tutti questi interventi si parla di “allontanamenti” degli occupanti. Alcuni, donne e minori, vengono presi in carico dalle strutture di assistenza comunali. Ma c’è chi non lo accetta. E, se allontanato, significa che da una zona si sposterà in un’altra. Ecco allora proliferare mini-insediamenti abusivi fatti da camper e roulotte posteggiati in casa, quando non da tende installate in luoghi pericolosi, come le rive del fiume Lambro.

San Siro, Baggio, Giambellino: allarme occupazioni abusive

Insieme alla zona di viale Molise – Calvairate, questi quartieri sono diventati il simbolo del degrado che investe tutto il patrimonio pubblico delle case popolari milanesi. A Milano ci sono oltre 70mila alloggi popolari di proprietà del Comune e dell’Aler, Azienda lombarda di edilizia residenziale. Un ente al quale Palazzo Marino ha dato in concessione, mediante una convezione, anche i propri immobili. Salvo poi verificare che la gestione dell’Aler è stata deficitaria su tutti i fronti: da quello finanziario – l’Ente ha un buco di bilancio di circa 400 milioni di euro – a quello operativo. Migliaia di appartamenti sfitti per mancanza di fondi per ristrutturarli, a fronte di lunghe liste di persone in attesa: la graduatoria dell’ultimo bando indetto dal Comune, chiuso a maggio 2014, conta 23395 persone, dietro le quali ci sono molto spesso altrettante famiglie. La lotta tra Comune e Aler, fatta spesso di rimpallo di responsabilità di fronte ai cittadini che denunciavano i problemi, si è risolta a ottobre di quest’anno con la decisione di Palazzo Marino di affidare in gestione a Metropolitana milanese (MM) i propri alloggi. Una rivoluzione che inizierà a partire dal primo dicembre e riguarderà 28.791 appartamenti dislocati in 1.070 edifici. In attesa che questa scelta porti frutti, gli inquilini delle case popolari portano avanti, molto spesso da soli, la loro lotta: quella alle occupazioni abusive. Un fenomeno che nel 2014 ha raggiunto dimensioni preoccupanti. Sono 720 le occupazioni riuscite: erano 63 cinque anni fa. Se non si interviene in flagranza chi occupa riesce spesso a farla franca: basta che nell’appartamento entrino donne incinte o minori e le forze dell’ordine non possono intervenire. E allora quella di sfruttare i più deboli diventa una strategia per bande che hanno sviluppato un vero e proprio racket delle occupazioni, con tariffe per “sfondare” ed entrare negli alloggi sfitti, o anche momentaneamente disabitati. Chi abita nelle case popolari di quartieri a rischio lo sa: anche un ricovero in ospedale di qualche giorno o una breve vacanza può essere fatale per perdere il proprio appartamento. Contro questo tipo di occupazione – ce n’è anche uno di denuncia sociale contro le troppe proprietà sfitte – gli inquilini delle case popolari stanno iniziando sempre più a organizzarsi da soli. Esponendosi però, in questa maniera, alle ritorsioni di chi occupa, stranieri ma anche italiani: escrementi sugli zerbini o lanciati dai balconi, intimidazioni, colla nelle serrature, fino a incendi alle porte delle abitazioni. Servono virtù quasi stoiche per andare avanti in questa situazione: e infatti qualcuno – la Lega – ha proposto gli inquilini delle case Aler di via Abbiati, zona San Siro, tra i candidati al prossimo Ambrogino d’oro.

Centro storico, tra abusivi e botteghe che falliscono

Nemmeno all’ombra della Madonnina le cose vanno alla perfezione. Il centro – Duomo, Castello, e Porta Ticinese è forse il quartiere simbolo per il fenomeno dell’abusivismo commerciale: per le strade del centro trovate di tutto: dalle rose alle borse, dai braccialetti della fortuna alle birre, servite anche fredde durante l’estate. Un problema che può sembrare marginale rispetto agli altri elencati, ma è in realtà preoccupante per vari motivi. Perché sottrae uomini – quelli della Polizia locale impegnati a contrastare il fenomeno -, risorse – gli introiti dei commercianti che pagano regolari licenze e tasse per esercitare le loro attività -, e alimenta in parallelo la criminalità organizzata, da cui provengono molte delle merci contraffatte. Ma è anche un problema sociale: la sera, alle Colonne di San Lorenzo, luogo di ritrovo tipico dei ragazzi e degli universitari, si vedono spesso bambini non ancora adolescenti vendere birre in sella alle loro bici. Sempre il centro poi, durante la notte, si trasforma. Davanti alle vetrine delle più importanti griffe mondiali i turisti, gli impiegati, i professionisti e gli uomini d’affari lasciano il posto al popolo dei senzatetto. Secondo alcune stime, Milano ne ospita circa 14mila. Circa 4mila dormono nelle strutture del Comune, che anche in vista dell’inverno sta pensando a un censimento dei senzatetto mediante rilascio di tessere elettroniche per fornire loro servizi. Tutti gli altri trovano riparo sotto i portici delle vie (non solo del centro città). Stanno invece progressivamente sparendo dal centro storico i negozi. I commercianti scontano la crisi, che contrae i ricavi mentre i prezzi degli affitti, seppur in calo, in alcune zone restano proibitivi. E secondo alcune associazioni di categoria, come Confcommercio Milano, nemmeno alcuni provvedimenti presi dalla giunta Pisapia, come l’introduzione dell’Area C, aiutano: “Area C ha indubbiamente prodotto risultati negativi per il tessuto commerciale del centro città, specie per le attività che si trovano appena oltrepassati i varchi d’accesso”, dice il vicepresidente Simon Paolo Buongiardino. “Purtroppo abbiamo registrato una riduzione dell’attività e molti esercizi commerciali hanno chiuso, anche se è difficile capire che peso abbia avuto il provvedimento antitraffico, visto che è arrivato in un periodo in cui era già in atto la crisi generale del commercio ed economica”.

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