Niente social e interviste per Corona: “Gli hanno tolto il diritto di parlare, ma deve pur campare”
"Piuttosto che niente, meglio piuttosto". L'avvocato Ivano Chiesa commenta così, con un modo di dire milanese, il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza Simone Luerti ha concesso l'affidamento provvisorio terapeutico al suo assistito più famoso, Fabrizio Corona, uscito ieri dal carcere di San Vittore dopo 16 mesi di carcere. Un provvedimento "arrivato con mesi e mesi di ritardo", dice il legale a Fanpage.it, anche perché giunto dopo che Corona era stato assolto dal reato più grave (l'intestazione fittizia di beni) per cui era accusato in merito alla vicenda degli ormai famosi 2,6 milioni di euro che gli erano stati sequestrati. Soldi che, di fatto, hanno comportato la revoca del precedente affidamento in prova (ottenuto nel 2015) e avevano fatto riaprire per Corona le porte del carcere.
L'avvocato di Corona: Questo affidamento è un arresto domiciliare
La gioia di vedere finalmente Fabrizio fuori dal carcere si scontra con la delusione per le restrizioni, durissime, imposte dal magistrato di sorveglianza a Corona: "Le comprendiamo, il dottor Luerti arriva per ultimo e si trova una patata bollente, per cui capisco la massima prudenza. Però questo affidamento è praticamente un arresto domiciliare", dice senza mezzi termini Chiesa. Fabrizio Corona dovrà infatti disintossicarsi dalla cocaina frequentando tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, una comunità di recupero di Limbiate. Poi dovrà tornare nella sua casa di via De Cristoforis – sotto sequestro e a rischio confisca – da cui non potrà uscire dopo le 20.30, né la domenica. Inoltre, l'ex agente dei vip non potrà usare i social network, diffondere foto o rilasciare interviste, non potrà andare in discoteca e potrà telefonare solo a parenti o agli avvocati: "Una limitazione fortissima – afferma il legale – Perché? Non è in carcere per aver fatto reati con i mezzi di comunicazione. L'ultimo reato fatto con i mezzi di comunicazione è del 2008. Secondo me c'è un'eccessiva restrizione legata al tasso di moralità di questo soggetto – spiega Chiesa – che porta ad avere delle precauzioni che io raramente ho visto, se non applicate a soggetti ritenuti pericolosissimi. Ma nemmeno in quel caso ho visto negare il diritto di parlare. Negando a Corona il diritto di parlare gli neghi il diritto di lavorare".
Così non è più Corona, è il ragionier Bianchi
Già perché privare Corona della parola e dell'immagine è snaturarlo: "È un personaggio pubblico: quella lì è la figura. Se gli dicono ‘domani vuoi condurre un programma tv?', lui non può". Lo stesso Corona, naturalmente, non ha digerito i divieti. Ma dovrà mantenere un basso profilo almeno fino al 27 marzo, quando il tribunale di sorveglianza si riunirà in seduta collegiale per confermare l'affidamento provvisorio. In quella circostanza l'avvocato Chiesa intende provare ad attenuare le restrizioni, almeno sotto il profilo lavorativo: "Quest'uomo deve pur campare. Gli hanno portato via tre milioni di euro, forse glieli ridanno, ma deve pagare le tasse. Tra un po' gli portano via anche la casa", afferma amareggiato il legale, che poi si lancia in un affondo finale: "Se penso che lui non può rilasciare interviste e sono stati intervistati personaggi come Donato Bilancia, serial killer, mi viene da star male. Hanno paura di lui? Hanno paura del personaggio? Così non è più Corona, diventa il ragionier Bianchi. Capisco il magistrato che ha usato la massima prudenza. Umanamente lo comprendo, dal punto di vista tecnico un po' meno".