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Milano, rimosso il cartello anti aborto davanti alla Mangiagalli: “Legittima difesa per le donne”

È stato rimosso il cartello pubblicitario con un messaggio anti abortista che nel fine settimana era apparso davanti alla clinica Mangiagalli di Milano, suscitando molte polemiche: “Era crudele, lesivo della libertà individuale delle donne e offendeva la sensibilità di tutte quelle che avevano avuto una gravidanza che non era andata bene”, ha spiegato a Fanpage.it la ginecologa Alessandra Kustermann aggiungendo: “Non sono contro il messaggio in sé, ma contro il luogo dove è stato appeso”.
A cura di Francesco Loiacono
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Dopo due giorni di polemiche è stato rimosso il cartello pubblicitario con un messaggio anti abortista apparso davanti alla clinica Mangiagalli di Milano, dove ogni settimana circa 50 donne decidono di interrompere la gravidanza per vari motivi. Il cartello, che raffigurava una madre col figlio piccolo con la scritta "Non fermare il suo cuore", era stato affisso dalle associazioni "Pro vita" e "Ora et labora: in difesa della vita". La sua apparizione aveva destato subito veementi polemiche da parte della primaria della Mangiagalli Alessandra Kustermann, impegnata da anni nel riconoscimento dei diritti delle donne in tema di aborto. Un'associazione, le Donne democratiche, domenica sera aveva inscenato una manifestazione di protesta durante la quale il cartellone incriminato era stato coperto da un lenzuolo. A seguito di quell'azione il presidente di Ora et labora aveva annunciato l'intenzione di denunciare la dottoressa Kustermann. Il caso legato al manifesto anti abortista era arrivato anche a Palazzo Marino: la consigliera comunale del Pd Diana De Marchi, presidente della Commissione pari opportunità, lunedì pomeriggio aveva annunciato la presentazione di una mozione per chiedere al Comune di eliminare il cartellone. A farlo è stata però, nella serata di ieri, la concessionaria che aveva affittato gli spazi alle due associazioni "pro vita".

La dottoressa Kustermann: Un cartellone crudele

Intervistata telefonicamente da Fanpage.it, la dottoressa Kustermann ha ripercorso e commentato la vicenda: "Il problema è il tipo di messaggio che transitava. Iniziava con ‘non fermare il suo cuore'. Io credo che una frase del genere avrebbe determinato un'ulteriore ferita psicologica per le donne che avevano avuto una morte endouterina spontanea e che già si credono colpevoli di aver compiuto qualche errore per cui la gravidanza si è interrotta – ha spiegato la primaria – Avrebbe leso la dignità personale delle donne che avevano scelto di interrompere la gravidanza per seri motivi, come dice l'articolo 4 della legge 194, perché non è che le donne decidono di abortire perché vogliono andare dal parrucchiere. Avrebbe contribuito a dare un ulteriore dolore per le donne che avevano avuto una diagnosi prenatale infausta e non ce l'avevano fatta a pensare di mettere al mondo un figlio con gravi malformazioni".

Le donne già si sentono colpevoli, non si può aumentare il senso di colpa

Per la Kustermann, che fa la ginecologa da 40 anni, il cartellone apparso davanti alla Mangiagalli era "crudele, lesivo della libertà individuale delle donne e offendeva la sensibilità di tutte quelle che avevano avuto una gravidanza che non era andata bene. Quello che la gente che non ha subito un lutto di questo genere non capisce è che la donna si sente colpevole sia se il feto muore in utero spontaneamente, sia se nasce con una malformazione – spiega la dottoressa – Ogni volta, in 40 anni che faccio la ginecologa, io ho sentito dire la frase: ‘In cosa ho sbagliato'. Le donne già si colpevolizzano, non si può aumentare il loro senso di colpa. Questo è contro il fatto che gli ospedali sono luoghi di cura".

Non sono contro il messaggio in sé, ma contro il luogo dove è stato appeso

Sulla paventata denuncia da parte del presidente dell'associazione "Ora et labora" la dottoressa Kustermann si dice assolutamente tranquilla: "Mi lascia indifferente, sono certa che coprire un cartellone senza stracciarlo non è reato. E comunque è una legittima difesa nei confronti delle donne che sarebbero entrate la mattina dopo in ospedale". La dottoressa precisa di non aver materialmente coperto il cartellone incriminato, anche se se ne assume "la responsabilità morale": "Era appeso dal 28 gennaio, forse da sabato o dalla domenica. Non era vero che era lì da mesi – precisa la Kustermann – Detto questo: lo mettano davanti ai tribunali, davanti alle chiese, davanti alle scuole. Mi va bene che i ragazzi imparino a pensare che è una vita umana quella che c'è dentro il grembo della madre. Non ho problemi, non sono contro il messaggio in sé, ma contro il luogo dove è stato appeso. Davanti a una scuola può essere un monito, davanti a un ospedale dove si praticano aborti e si diagnosticano morti endouterine spontanee diventa un'accusa, una crudeltà mentale".

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