Lombardia, da inizio anno un morto sul lavoro ogni tre giorni: “Una strage nel silenzio”
Un morto ogni tre giorni. Dall'inizio di quest'anno sessanta decessi nel luogo di lavoro o durante gli spostamenti e circa 50 mila infortuni in totale. Tutto questo soltanto in Lombardia. È una strage senza fine quella che si consuma nelle fabbriche, nei cantieri e nei campi della regione più ricca e produttiva d'Italia. Negli ultimi giorni si contano due morti, entrambi in provincia di Brescia. Ieri un operaio è rimasto schiacciato da una bobina nell'impianto del Centro siderurgico bresciano. Aveva 51 anni e lascia moglie e figli. Il 12 luglio un altro lavoratore, di 58 anni, è rimasto incastrato in un macchinario mentre effettuava lavori di manutenzione in una fabbrica di Berzo Inferiore. Ma l'elenco degli infortuni è lungo: a Gorla Minore il 10 luglio un lavoratore è stato colpito in testa da una bobina di poliuretano, rischia di rimanere paralizzato. Lo stesso giorno ad Almenno San Salvatore (Bergamo) un 61enne è stato schiacciato da un tronco in una azienda di legnami, rompendosi entrambe le gambe. L'indomani un uomo è morto e un altro è rimasto ferito nell'esplosione di un serbatoio di gas Gpl a Garlate (Lecco). Ed è solo il bilancio dell'ultima settimana.
Balzarini (Cgil): Ispezioni e controlli non bastano, i morti non calano
Le cause sono sempre le stesse: cadute dall'altro, guasti meccanici, schiacciamenti, ribaltamenti di mezzi agricoli. "Nonostante tutte le ispezioni, i controlli e le verifiche il dato degli infortuni e dei morti non cala. Questo significa che gli strumenti messi in campo non bastano", avverte Massimo Balzarini, membro della segreteria della Cgil Lombardia, intervistato da Fanpage.it. "Penso alle ispezioni: è vero che la Regione Lombardia è in linea con il target nazionale indicato dal ministero, ma questo obiettivo è del 5 per cento delle aziende. Questo vuol dire che il 95 per cento delle aziende non viene controllato nemmeno se si raggiungono gli standard prefissati. È evidente che questo sistema non è efficace".
Difficile avere dati esaustivi, dubbi su lavoro nero e precario
"Sentiamo dire che l'altro numero di infortuni è legato alla ripresa economica. Come se fosse normale farsi male o perdere la vita così", sottolinea Balzarini, "ma questo non è nemmeno vero, perché anche al netto del lieve aumento delle ore di lavoro c'è un notevole incremento dei sinistri". I numeri delle morti bianche sono ancora più preoccupanti se si pensa che i dati con tutta probabilità non sono esaustivi. "C'è difficoltà a reperire i dati perché spesso gli enti non si coordinano", spiega il sindacalista. Non solo, dai bilanci rimangono esclusi tutti i lavoratori in nero o in condizioni estreme di precarietà, che spesso non denunciano gli incidenti perché non possono oppure, come nel caso dei rider ma non solo, perché non sanno nemmeno chi sia il datore di lavoro a cui rivolgersi. "Non bisogna poi dimenticare il fenomeno del caporalato, che in Lombardia è molto presente"
Tra gli infortunati anche molti over 60 e 70
Colpisce poi il fatto che le vittime non siano solo giovani e con poca esperienza. Tra gli infortunati si contano molti over 60 e addirittura over 70 "che sono ancora in attività non solo per l'innalzamento dell'età della pensione. Molto spesso sono piccoli imprenditori che vogliono continuare a lavorare, ma non hanno la percezione dei rischi. Questo è ancora più preoccupante. A quell'età devi dare l'esempio ai più giovani. È evidente che c'è anche un problema di cultura".
Dalla politica silenzio o messaggi sbagliati
In tutto questo la politica si fa notare per il suo fragoroso silenzio. Si parla di morti sul lavoro solo quando il tema finisce sui giornali per i casi di cronaca. "Dopo il cordoglio e le frasi di circostanza, però, cala il silenzio", rileva il membri della segreteria Cgil Lombardia. Quando poi se ne parla è ancora peggio: "Vengono dati messaggi sbagliati, come la riduzione delle tariffe Inail. Non deve passare l'idea che la sicurezza sia un costo e che ridurla sia un vantaggio per le aziende. All'opposto è un investimento, perché un dipendente che è sicuro lavora meglio ed è più efficiente".