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“L’ho salvata dai nordafricani”. Il racconto del presunto violentatore per evitare il carcere

Ha avvicinato la sua vittima quando era già visibilmente ubriaca, l’ha portata all’esterno con una scusa e l’ha stuprata nel parco. Poi l’ha riaccompagnata dagli amici fingendo di averla soccorsa. La Squadra mobile è convinta che il violentatore dell’Old Fashion sia un 21enne che vive a Lucca. A incastrarlo sono stati un cappellino e una camicia colorata. Intanto, secondo la procura, a Milano sono in aumento le violenze sessuali.
A cura di Salvatore Garzillo
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Ha precedenti per truffa, in particolare era specializzato nei falsi affitti brevi. Nessun reato sessuale nel suo curriculum criminale, ed è per questo che il gip ha deciso di concedergli gli arresti domiciliari nonostante le moltissime prove a suo carico.
Johann Vincenzo Jean Didier Mboungou Mbeniaba ha 21 anni, è italiano anche se originario del Gabon e da tempo vive a Lucca, dove ora sta scontando la misura in attesa del processo per violenza sessuale. Il 12 ottobre scorso era andato a Milano assieme ad amici per trascorrere una serata alla discoteca Old Fashion, lo stesso progetto della sua vittima, una studentessa dominicana di 21 anni che era partita dal Piemonte per andare a ballare con due compagne di studio.

Agli investigatori la ragazza ha detto di aver avuto una settimana molto impegnativa e per questo nel locale si è lasciata andare più del solito all’alcol. Non ha bevuto tanto ma al suo corpo esile è bastato qualche bicchiere per alterarle quasi completamente la coscienza. Quando Mbeniaba l’ha notata era già visibilmente ubriaca. Secondo la ricostruzione della Squadra mobile, le si è avvicinato e le ha offerto un altro drink, poi l’ha convinta a uscire per prendere un po’ d’aria. Nelle immagini delle telecamere si vede che le cinge i fianchi per reggerla. Le telecamere li riprendono anche all’esterno ma solo per un breve tratto, escono dall’inquadratura quando si avviano verso una zona appartata del parco Sempione, non molto distante dall’ingresso.

 Il trucco del violentatore

Al termine della violenza, il 21enne ha riaccompagnato la vittima dal gruppo di amiche che la stava cercando davanti all’uscita.  «È stato un trucco molto astuto perché ha confuso le acque sulla sua responsabilità – ha spiegato Marco Calì, capo della Squadra mobile milanese – Ha anche fornito una versione falsa dicendo di averla soccorsa dopo aver visto che era in compagnia di nordafricani. Ha però commesso un grave errore: per accreditarsi ancora di più come soccorritore ha fornito il suo numero di cellulare a un amico della ragazza».
Un passo falso sicuramente ma che ha gli è servito per avere aggiornamenti sulle condizioni della ragazza e sulla sua versione dei fatti. Inoltre, Mbeniaba era abbastanza sereno perché il numero era intestato a un’altra persona.
Questo non ha impedito agli investigatori di risalire alla sua identità, ha solo ritardato un po’ l’individuazione. L’analisi della cella telefonica, l’incrocio con le immagini del sistema di sorveglianza e delle testimonianze dei presenti, ha infine condotto a un profilo social. Nelle foto indossava un cappellino nero con un logo al centro e una camicia colorata con un numero impresso sulla schiena, gli stessi indumenti che aveva la sera dell’aggressione.

Violenze in aumento a Milano

«Questa gravissima vicenda è solo la punta di un problema molto più ampio. Le violenze a Milano sono in aumento. Basti pensare che dall’introduzione del protocollo “Codice rosso”, da agosto a oggi, ci sono stati 167 episodi, tra cui 4 violenze di gruppo – ha commentato il procuratore aggiunto Maria Letizia Mannella, capo del pool fasce deboli del tribunale di Milano – Tra questi ci sono anche denunce tra fidanzati e situazioni che poi vengono ridimensionate ma è comunque un dato allarmante. Negli ultimi due mesi, in particolare, sono in crescita le violenze sui mezzi pubblici, i palpeggiamenti anche nei confronti di bambine di 12 anni. Ma il dato positivo è che aumentano le denunce e che anche vittime così giovani si presentano ai nostri uffici per raccontare cosa hanno subito. Una 12enne, per esempio, è riuscita a fotografare il suo aggressore».

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