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Iza, babysitter morta di overdose: dal diploma al conservatorio all’eroina in stazione Centrale

Il talento da mezzosoprano, il viaggio in Italia, gli amici e i sogni interrotti dalla prima dose di eroina. L’ultimo anno di Iza Kavtaradze è un viaggio nell’inferno della dipendenza segnato da incontri sbagliati. A tre mesi dalla sua morte per overdose nell’appartamento dove lavorava come babysitter a Milano è stato indagato il suo ultimo fidanzato, il presunto pusher che le avrebbe venduto la dose letale.
A cura di Salvatore Garzillo
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Iza Kavtaradze, uccisa da un'overdose nella notte tra il 29 e il 30 marzo
Iza Kavtaradze, uccisa da un'overdose nella notte tra il 29 e il 30 marzo

Era arrivata in Italia nell’estate del 2018, un viaggio premio dopo aver preso il diploma in canto lirico al conservatorio di Tiblisi. Iza, che tutti chiamavano Isabel, era una mezzosoprano molto dotato, i compagni di corso pensavano che almeno lei ce l’avrebbe fatta a vivere con la propria voce. Quell’estate era atterrata a Palermo, la ricordano come una ragazza timida. Di quella vacanza restano foto sorridenti e un episodio nella memoria di un’amica italiana, un’unica ombra nell’immagine candida di quella ragazza: un giorno, prima di una festa, le chiese dove poter comprare anfetamine. Disse che non era una consumatrice assidua ma che in Georgia, in occasione di un certo tipo di feste, cedeva alla tentazione. Questi ricordi emergono dai racconti delle persone che hanno condiviso un pezzo di vita in Italia di Iza Kavtaradze: il pubblico ministero Paolo Storari ha chiesto agli investigatori di ricostruire l’ultimo anno della 28enne che è morta per overdose nella notte tra il 29 e il 30 marzo scorso all’interno di un appartamento in via Mauro Macchi, a Milano. Il corpo era nella sua stanzetta in una casa di 180 metri quadri di una coppia per la quale lavorava da pochi mesi come ragazza alla pari e babysitter. A due passi dalla stazione Centrale, la zona in cui ha conosciuto un 37enne della Sierra Leone, l’uomo che potrebbe averle venduto la dose letale e che ora è stato indagato con l’accusa di morte in conseguenza di altro reato. La proprietaria raccontò alla polizia di averla sentita rientrare venerdì 29 ma scoprì il corpo solo a metà giornata del 30 perché Isabel il weekend non era in servizio e le piaceva restare da sola. La ragazza era sul pavimento, due siringhe vicine (una vuota e l’altra con tracce di eroina e cocaina, la miscela dello “speed”), due cucchiaini accanto, di cui solo uno annerito dall’accendino per sciogliere la dose. Gli investigatori del commissariato Garibaldi-Venezia non nascondono di aver pensato a un coinvolgimento della coppia di datori di lavoro ma l’ipotesi è stata subito scartata iniziando a lavorare sui contatti della cantante.

L'uomo misterioso tradito dalla palestra

Nell’ultimo mese di vita aveva avuto una intensa comunicazione con un numero intestato a un pakistano. Una testa di legno, gli investigatori lo hanno capito intercettando l’utenza. E la fortuna li ha aiutati. In quei giorni, infatti, la segretaria di una palestra in zona stazione ha chiamato il vero utilizzatore dicendo "Mohamed devi saldare il conto di questo mese". È bastato leggere l’elenco degli iscritti per scoprire il nome di Mohamed Kargbo, un 37enne della Sierra Leone con un unico precedente per ricettazione di una bicicletta. Lo hanno monitorato per due settimane, durante le quali nelle conversazioni non ha mai parlato di droga. I suoi affari ruotavano solo attorno alla ricettazione di cellulari rubati, la sua base era il McDonald’s davanti alla Centrale. "Si distingueva da tanti altri pusher africani della stazione – racconta il vicequestore Alessandro Chiesa – Era sempre ben vestito, molto curato nell’aspetto, aveva 15 vedette, quando arrivava in piazza si alzavano in dieci come forma di rispetto e poi restava defilato, dando indicazioni su come muoversi. Eppure non toccava mai la droga. Quando stavamo per perdere le speranze ha fatto la telefonata che lo ha incastrato". Kargbo chiama il suo fornitore di eroina, un nigeriano che vive a Lodi: "La brown (un sinonimo dell’eroina scura, ndr) che mi vendi fa schifo, quei pochi clienti a cui la do si lamentano. Se non risolvi il problema sono costretto a prenderla a Rogoredo". E l’altro, dopo avergli detto che non gli interessava la scarsa qualità, lo avverte: "Stai attento che con la roba di Rogoredo si muore".

L'ultima dose letale ceduta dal fidanzato

A questo punto gli investigatori sanno che Kargbo tratta anche la droga ma non basta, devono sorprenderlo con le dosi. Continuano a seguirlo, il 10 giugno chiede a un pusher amico di recuperare due palline di cocaina per una cliente insistente, gli investigatori fermano lo spacciatore in piazza della Repubblica. In commissariato dice di non sapere nulla di Isabel ma che Kargbo la conosceva bene. Il monitoraggio continua, il sospettato torna nella sua stanza d’albergo vicino alla stazione per poi uscire a recuperare delle dosi in un cespuglio in via Doria. Qui si accorge della presenza dei poliziotti in borghese, butta via tutto e scappa. Nel sacchetto c’erano 4 dosi di eroina e due di cocaina. Alle 6 del 17 giugno gli stessi agenti vanno a prenderlo nella stanza d’albergo, un’ora dopo sarebbe partito per Cremona per sparire dalla circolazione. Nega tutto, poi dice che Isabel era la sua fidanzata da un mese. La conferma del loro rapporto arriva dal suo cellulare e da quello della vittima, oltre alle foto intime assieme ci sono molte prove della dipendenza avanzata della ragazza. I messaggi dimostrano che la consumava almeno tre volte alla settimana. Negli ultimi mesi Isabel si era trasformata, la droga l’aveva mangiata. Un amico georgiano ascoltato dagli investigatori a Pesaro ha ricordato che ad agosto 2018 erano assieme in Georgia, nonostante il caldo asfissiante lei non si era mai tolta la felpa per paura di mostrare i buchi alle braccia. "Si è iniettata da sola l’ultima dose mentre era nella propria camera in via Mauro Macchi ma ci sono evidenze che collocano Isabel nella stanza dell’albergo dove viveva Kargbo la sera prima della sua morte – continua Chiesa – In un’intercettazione ambientale abbiamo scoperto che Kargbo sapeva della sua tragica fine e abbiamo ragione di credere che la dose letale sia stata ceduta proprio da lui".

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