Insulti e minacce a Silvia Romano, la procura di Milano apre un’inchiesta
La procura di Milano ha aperto un'inchiesta, al momento contro ignoti, dopo gli insulti e le minacce ricevute a mezzo social da Silvia Romano. La giovane volontaria milanese, 24 anni, è tornata ieri nella sua casa in via Casoretto, nel capoluogo lombardo, dopo 18 mesi di prigionia. Era stata rapita nel novembre del 2018 in Kenya, mentre si trovava per conto dell'associazione onlus marchigiana Africa Milele in un villaggio vicino a Malindi. Al suo arrivo Silvia ha trovato ad accoglierla l'intero quartiere, festante. Tantissimi sono stati i messaggi di benvenuto e di felicità sui social, ma la liberazione della giovane volontaria ha anche scatenato gli haters. In tanti l'hanno insultata, offendendola con frasi sessiste soprattutto a causa della conversione all'Islam della giovane volontaria, atterrata in Italia indossando gli abiti tradizionali di alcune donne musulmane somali.
Ieri la decisione di applicare una misura di tutela per la giovane volontaria
I messaggi minacciosi hanno spinto il capo del pool antiterrorismo della procura di Milano, Alberto Nobili, ad aprire un fascicolo di indagine contro ignoti con l'ipotesi di reato di minacce aggravate. Già da ieri la prefettura di Milano aveva deciso di applicare una misura di tutela della ragazza, proprio per proteggerla da eventuali aggressori. Il timore è che dagli insulti scritti e urlati sui social qualcuno possa passare a gesti concreti. In via Casoretto le forze dell'ordine pattugliano con discrezione l'appartamento in cui Silvia vive e in cui la giovane trascorrerà le due settimane di quarantena previste per via dell'emergenza Coronavirus. Sul palazzo e nella zona sono tanti gli striscioni e i cartelli di benvenuto per la giovane, anche se era apparso anche un volantino critico, ma non offensivo, poi rimosso.
La famiglia chiede un'indagine sulla Ong
Intanto, mentre si cercano di ricostruire le fasi del rapimento di Silvia, la famiglia della ragazza ha chiesto di indagare in modo particolare sulla onlus marchigiana grazie alla quale Silvia aveva raggiunto il villaggio di Chakama. L’obiettivo è capire se la giovane sia stata tutelata una volta giunta in Kenya nel piccolo villaggio dove era volontaria oppure se sia stata "mandata allo sbaraglio", come avrebbe detto la stessa Silvia durante i primi interrogatori sulla sua vicenda. Una tesi che la presidente della onlus, Lilian Sora, rigetta.