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Flash-mob in Regione contro Maroni: scope e dentiere, ma la mozione di sfiducia non passa

Mentre nell’aula del Consiglio regionale della Lombardia si votava la mozione di sfiducia a Maroni – respinta – dopo l’ultimo scandalo sulla sanità lombarda, all’esterno c’è stato un flash-mob dei giovani democratici per chiedere le dimissioni del governatore. La maggioranza, compatta, ha salvato Maroni, che ha rilanciato: “Nel 2018 mi ricandido”.
A cura di Francesco Loiacono
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I giovani democratici davanti al Pirellone (Facebook)
I giovani democratici davanti al Pirellone (Facebook)

Scope, dentiere, ruspe giocattolo, cartelli con scritte che ironizzano sull'ultimo scandalo sanità scoppiato in Regione Lombardia. Questo il colpo d'occhio martedì mattina all'esterno dal Pirellone, la sede del Consiglio regionale della Lombardia dove si è votato quest'oggi la mozione di sfiducia a Maroni presentata da Pd e Patto civico dopo l'arresto del presidente della commissione Sanità Fabio Rizzi.

"Dai tempi di Formigoni non è cambiato niente"

Una mozione che, come si prevedeva alla vigilia, non è passata: la maggioranza (Lega, Forza Italia, Ncd e Fratelli d'Italia) ha mantenuto la parola data al governatore e i suoi 45 consiglieri hanno facilmente respinto l'assalto dei 31 rappresentanti dell'opposizione. Resta dunque puramente un atto simbolico sia quello politico, che si è svolto all'interno dell'aula, sia la colorata manifestazione all'esterno, che fa il paio con quella organizzata dal Movimento 5 stelle la scorsa domenica. Manifestazioni che forse potevano essere accorpate per far percepire con maggior forza il clima di dissenso che si registra nei confronti di una giunta che "ha dimostrato che dai tempi di Formigoni a oggi non è cambiato assolutamente nulla", come ha affermato ai cronisti il segretario della federazione milanese dei Giovani democratici Davide Ské.

Maroni non parla: atteso il parere sull'Arac

In aula, nel presentare la mozione di sfiducia, il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri ha parlato di una "copertura politica che questa maggioranza ha dato a chi oggi è in galera dopo aver avuto, grazie alla Lega Nord, ruoli cruciali nella sanità lombarda. Da segretario federale della Lega – ha aggiunto Alfieri – Maroni staccò la spina alla Giunta Formigoni mandandolo a casa. Oggi, dopo sei inchieste che hanno portato all'arresto tra gli altri del suo vicepresidente Mantovani e del suo braccio destro il presidente della Commissione sanità Rizzi, rimane attaccato alla poltrona. Per di più senza fare autocritica decidendo di non replicare in aula". Il governatore, come già annunciato, al termine delle quattro ore riservate alla discussione della mozione di sfiducia e di una serie di interrogazioni presentate da Pd e M5s non ha replicato. La sua risposta è nella decisione di creare un'Autorità regionale anticorruzione (Arac, su modello dell'Anac di Cantone): una proposta su cui il Consiglio si esprimerà per valutarne l'urgenza. Se sarà riconosciuta il progetto di legge sarà discusso in aula il 15 marzo. C'è però già il no dei Cinque stelle, che hanno definito l'Autorità "una mera operazione di marketing. Ciò che manca non sono le leggi, ma la volontà di cacciare i corrotti", ha detto il M5s.

Maroni: "Nel 2018 mi ricandido"

In aula da segnalare l'annunciata protesta dei Cinquestelle, che si sono presentati con una felpa bianca con la scritta rossa "Maroni fuori dai maroni" e sono stati espulsi. Il governatore, più divertito che arrabbiato per la protesta, si è fatto consegnare una felpa dal portavoce del M5s Stefano Buffagni e ha rilanciato: "Altro che dimissioni, nel 2018 mi ricandido".

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