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Covid 19

Fine del lockdown, tornano gli infortuni sul lavoro: “Sicurezza non si riduca a mascherine e guanti”

Con la fine del lockdown e la graduale ripartenza delle attività lavorative sono tornati purtroppo anche gli incidenti sul lavoro. “L’emergenza Covid rimette al centro il tema della sicurezza sul lavoro come mai era stato negli ultimi anni – dice a Fanpage.it Enzo Greco, responsabile sicurezza Cgil Milano -. Ma la cultura della sicurezza non si può tradurre solo nella mascherina e nei guanti. C’è una malattia che ci accompagna da lontano che si chiama morti sul lavoro, e che non viene combattuta con mascherine e guanti”.
A cura di Francesco Loiacono
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(Immagine di repertorio)
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Lunedì 4 maggio, Milano. Nel primo giorno di riapertura dei cantieri edili dopo il lockdown per il coronavirus, un operaio di 32 anni finisce in codice rosso all'ospedale Niguarda dopo essere precipitato per 10 metri da un ponteggio. E ancora: ieri, mercoledì 6 maggio, due gravissimi incidenti sul lavoro si verificano a circa mezz'ora di distanza l'uno dall'altro, il primo nel Varesotto e il secondo a Bernareggio, in provincia di Monza e Brianza. La graduale ripartenza della Fase 2 dell'era Covid-19 ha portato con sé un vecchio male, quello degli infortuni sul lavoro. Fanpage.it ne ha parlato con Enzo Greco, responsabile sicurezza Cgil Milano.

Riaprono fabbriche e cantieri, e tornano purtroppo anche gli incidenti sul lavoro. 

In parte per la cronaca, quasi completamente assorbita sull'emergenza sanitaria, e in parte per effetto del lockdown, avevamo registrato un abbattimento degli infortuni gravi a marzo e ad aprile. La ripresa produttiva, purtroppo, sta riallineando il dato degli infortuni verso il rialzo. La leggera flessione che si era registrata a marzo e aprile corrispondeva dunque più al blocco produttivo che ad altri fattori.

Quindi non è che è aumentata la sicurezza, ma semplicemente i cancelli delle fabbriche e delle ditte sono rimasti chiusi. 

Esatto. Questa è chiaramente una lettura dei dati, è una verità da un punto di osservazione, ma mi sembra che ci sia una certa coerenza. Abbiamo dibattuto molto di distanziamento sociale, di mascherine e di guanti, ma questo purtroppo non impedisce la caduta dall'alto, come nel caso di Milano di lunedì. E si cade dall'alto quando il cantiere riapre.

Essere rimaste ferme a lungo, l'ansia di ripartire e recuperare il tempo perso, possono determinare una minore attenzione alla sicurezza da parte di alcune imprese?

In questo momento siamo in una situazione un po' ibrida, probabilmente non esiste una chiave di lettura univoca sull'atteggiamento delle aziende. Dipende da diversi fattori. Ad esempio, nel comparto manifatturiero, se ho un abbassamento delle commesse, nella mia ripresa non sarò tentato di dover schiacciare sull'acceleratore, quanto di avere quelle attenzioni che derivano dal Covid per lavorare sulle commesse che mi sono rimaste. In un cantiere, invece, dove vengo pagato a stato di avanzamento del lavoro oppure ho termini contrattualizzati di consegna che voglio rispettare, potrei essere tentato di "stressare" il mio sistema. Ma se devo essere onesto in questo momento non abbiamo gli elementi per poter sostenere questa tesi.

Quindi non ci sono state al momento segnalazioni di aziende che chiedono di "premere sull'acceleratore".

No, al momento non abbiamo avuto segnalazioni così specifiche. C'è anzi la percezione diffusa che non sia tutto risolto, e quindi tutti sanno bene che non possono comportarsi come si comportavano prima.

Quindi l'attenzione alla sicurezza contro il contagio da Covid-19 potrebbe avere delle ripercussioni anche sulla sicurezza in senso lato?

Sarebbe auspicabile. L'emergenza Covid rimette al centro il tema della sicurezza sul lavoro come mai era stato negli ultimi anni. E parlo proprio di quello che accede nei luoghi di lavoro, al di là degli aspetti comunicativi. L'attenzione al coronavirus sicuramente non elimina il rischio degli altri tipi di infortuni, però può favorire una maggior cultura della sicurezza. C'è però un limite…

Quale?

Che la cultura della sicurezza si traduca solo nella mascherina e nei guanti.

E quindi che si fermi ad arrestare il virus, quando invece ci sono altri tipi di "virus" che fanno vittime. 

Esatto, c'è una malattia che ci accompagna da lontano che si chiama morti sul lavoro, e che non viene combattuta con mascherine e guanti.

Come sindacato cosa state pensando a riguardo?

Il nostro tentativo è di mettere a fianco i due elementi. C'è il tema della sicurezza classicamente inteso e il tema della sicurezza dal Covid. Quello che dobbiamo cercare di evitare è che il tema dell'emergenza Covid faccia dimenticare che ci sono altri mali di cui bisogna occuparsi. Quindi, banalizzando, se discutiamo di dispositivi di protezione individuale non è che la mascherina e il guanto mi fanno dire che non ci vuole più la scarpa infortunistica. Il nostro tentativo è quello di mettere insieme le condizioni ed evitare che in campo ci sia solo la psicologia del Covid.

Anche perché, come dimostra la ripresa delle attività, la vecchia malattia non è mai scomparsa. 

Esatto. E teniamo sempre conto che c'è anche quello che non vediamo: le malattie professionali. Sono come goccioline di veleno che assumiamo tutti i giorni, per poi scoprire alla fine della corsa che per lavorare ci siamo pure ammalati. Ma purtroppo mi rendo conto che si vede di più il morto "sul" lavoro dell'oggi, che non il morto "di" lavoro nei 40 anni di attività.

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