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Coronavirus, in attesa dell’ulteriore stretta a Milano già chiusi il 60 per cento dei negozi

“Ad oggi abbiamo circa il 50, quasi il 60 per cento delle attività commerciali a Milano città che di sua spontanea volontà ha chiuso”. Lo dice a Fanpage.it il segretario generale di Confcommercio Milano, Marco Barbieri, in attesa dell’ulteriore stretta sulle misure di contenimento dell’epidemia di Coronavirus chieste dalla Regione Lombardia al Governo. “Il tema principale, l’obiettivo da raggiungere è un tema di emergenza sanitaria e di salute pubblica – dice Barbieri – ma nello stesso tempo l’imprenditore deve essere messo nelle condizioni di poter vivere, sopravvivere, e ripartire alla fine dell’emergenza”.
A cura di Francesco Loiacono
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(Foto Salvatore Garzillo)
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In attesa dell'ulteriore stretta sulle misure di contenimento dell'epidemia da Coronavirus, chiesta ufficialmente nella giornata odierna dalla Regione Lombardia al governo, la maggior parte dei commercianti milanesi ha già tirato giù la cler, la saracinesca in milanese. A dirlo è Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, intervistato da Fanpage.it.

Segretario, molti negozi hanno già chiuso, ancora prima che sopraggiunga un nuovo decreto.

Ad oggi abbiamo circa il 50, quasi il 60 per cento delle attività commerciali a Milano città che di sua spontanea volontà ha chiuso. Questo è nelle logiche del rischio di impresa e di libertà di scelta dell'imprenditore, perché quando si valuta conti alla mano che conviene più chiudere piuttosto che rimanere aperto un imprenditore valuta la chiusura. Sta nella libertà di impresa.

Cosa pensa la categoria in questo momento? 

Il tema principale, l'obiettivo da raggiungere è un tema di emergenza sanitaria e di salute pubblica, quindi è giusto che le autorità competenti scelgano quale deve essere il provvedimento più corretto e più opportuno per affrontare questo problema e cercare di risolverlo. Ma è nello stesso tempo responsabilmente corretto e doveroso che l'organizzazione di rappresentanza chieda immediatamente delle misure di compensazione economiche per i danni dei provvedimenti adottati e che verranno adottati.

Al di là delle scelta di libera impresa, la scelta dei commercianti milanesi è sembrata anche una scelta responsabile. Hanno capito il momento che sta attraversando la città e non solo?

I commercianti milanesi il momento l'hanno capito già dai primi giorni di gennaio, manifestando la solidarietà a quelle imprese cinesi milanesi che avevano già iniziato ad avvertire i primi problemi. Ovviamente capiscono molto, vivendo sul campo, quelle che sono le problematiche, quindi si attengono rigorosamente a quelle che sono le prescrizioni e hanno capito che il problema degli assembramenti e dei contagi è un problema serio dal quale bisogna partire per risolvere il tema principale che è quello dell'emergenza sanitaria e della salute pubblica. Poi, però, non spetta al commerciante dire qual è il provvedimento più importante in termini strategici per risolverlo: spetta all'autorità competente.

In caso di ulteriore stretta quindi i commercianti che ancora restano aperti chiuderanno senza problemi.

Dovranno farlo perché obbligati. L'imprenditore dovrà prenderne atto, deve prendere atto che la scelta fatta dalle autorità competenti è questa, ma nello stesso tempo l'imprenditore deve essere messo nelle condizioni di poter vivere, sopravvivere, e ripartire alla fine dell'emergenza. E da qui gli interventi economici che abbiamo chiesto al governo.

I commercianti milanesi hanno però ben presente quali siano le priorità in questo momento?

Assolutamente, c'è la consapevolezza che il problema principale è di tipo sanitario.

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