Coniugi uccisi a Brescia, il complice del killer: “Non sapevo che li volesse uccidere”

Ignorava le intenzioni del suo complice, non sapeva che con sé si fosse portato un fucile a canne mozze col quale avrebbe poi ammazzato Franco Seramondi e sua moglie Giovanna Ferrari. Questo il riassunto di quanto riferito da S.S., il 33enne indiano che assieme al pachistano A.M., 32 anni, lo scorso martedì si è reso protagonista dell'agguato mortale ai coniugi bresciani, titolari della pizzeria "Da Frank".
Coniugi uccisi a Brescia, il complice del killer si difende
Le parole dell'indiano sono state pronunciate nel corso dell'udienza di convalida del fermo, iniziata in mattinata mercoledì 19 agosto e durata un paio d'ore. Le ha riferite il legale dell'uomo, Nicola Mannatrizio, che ha poi specificato che S.S., che per fare da autista all'amico ha preso 500 euro, si è accorto del fucile solo quando il pachistano lo ha tolto dalla custodia, pochi minuti prima del duplice delitto. Invano ha poi gridato cercando di farlo desistere. I due asiatici sono accusati dal sostituto procuratore di Brescia Valeria Bolici, presente nel carcere di Canton Mombello all'udienza, di duplice omicidio volontario aggravato.
Confermato il movente: uccisi perché "da Frank" vendeva di più
Il movente del delitto resta quello della concorrenza che il locale "Da Frank" faceva alla pizzeria del pachistano, il "Dolce e salato". Lo ha confermato il legale del pachistano, che avrebbe materialmente ucciso i due coniugi riferendo però di non conoscerli. In merito all'arma utilizzata, il pachistano l'avrebbe comprata. Il movente ribadito dal killer però non convince affatto gli inquirenti, anche alla luce del ritrovamento di un'ingente quantità di contanti nelle abitazioni dei coniugi Seramondi e dei loro familiari: circa 800mila euro di dubbia provenienza, soldi che hanno fatto pensare alla pista dell'usura.