Cadavere fatto a pezzi e messo in un trolley a Milano: identificato, è di un 23enne colombiano
Il suo nome, come si ipotizzava già negli scorsi giorni, è Cristian: Cristian Giovanny Tautiva Hernandez, 23 anni e nazionalità colombiana. Appartiene a lui il cadavere fatto a pezzi, messo in un trolley e poi bruciato lo scorso sabato sera a Milano in zona Bovisasca. A una settimana di distanza da un delitto sconcertante per la sua brutalità e anche per il movente è stata identificata ufficialmente la vittima. Decisiva è stata un'impronta digitale rilevata sul pollice del 23enne, una delle poche parti del corpo che non erano bruciate. Grazie a riscontri tra le forze di polizia di diversi Paesi si è scoperto che in Spagna era stata denunciata la scomparsa del ragazzo, presumibilmente partito dal Paese iberico lo scorso 28 marzo, due giorni prima di venire ucciso in una villetta alla Bovisasca, in via Carlo Carrà, durante una grigliata.
Il ragazzo è stato ucciso per aver fatto la spia
Ucciso perché aveva fatto la spia: Cristian avrebbe avvisato un amico, un certo Tonio, che gli altri connazionali lo stavano cercando. Sarebbe bastato questo "sgarro" per scatenare l'orrore: a uccidere il 23enne sarebbero stati il 21enne Ronaldo Jhonatan Vega Hernandez, detto "Pericles", e il coetaneo Dilan Mateus Carddenas detto "Mateo". Il primo è stato fermato all'aeroporto di Malpensa mentre si stava imbarcando per Madrid: il secondo è stato bloccato invece vicino all'aeroporto di Parigi – Orly ed è in attesa di essere estradato. Un terzo connazionale, il 38enne Arley William Gomez Arango, che viveva nella villetta in cui è avvenuto il delitto assieme alla moglie e alla figlioletta, è stato arrestato ed è accusato di aver aiutato gli altri due connazionali a fare a pezzi – sei – il cadavere del 23enne, ad averlo messo in un trolley gettato nel locale rifiuti condominiale di un palazzo in via Cascina dei Prati e ad aver dato fuoco alla valigia, nel tentativo – non riuscito – di cancellare una notte di orrore. I cui dettagli, troppo impressionanti, sono rimasti negli occhi della compagna di Arango, che il giorno successivo al delitto e alla macabra scoperta del cadavere smembrato ha deciso di collaborare con gli inquirenti, fornendo un racconto definito di "qualificata probabilità", anche se tra gli arrestati è iniziato un rimpallo di responsabilità.