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Lombardia, 43 arresti tra politici e imprenditori

Arresti in Lombardia, procuratore Greco: “Sinergia tra ‘ndrangheta e imprenditori”

Il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, ha lanciato un nuovo allarme sulle sinergie tra ‘ndrangheta e imprenditoria lombarda. Contatti emersi nell’ambito dell’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Milano che ha portato a 43 arresti tra cui anche politici e amministratori. Centrale la figura dell’imprenditore D’Alfonso, che da un lato manteneva i contatti con le cosche e dall’altro aveva creato una rete tra politici e istituzioni.
A cura di Simone Gorla
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Il procuratore Francesco Greco e Alessandra Dolci, capo della Dda di Milano
Il procuratore Francesco Greco e Alessandra Dolci, capo della Dda di Milano
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"Da tempo in Lombardia, politici e imprenditoria locale si appoggiano, e a volte sono collusi, con cosche della ‘ndrangheta sul territorio. Il tema è stato affrontato da tantissime indagini della Direzione distrettuale antimafia. Anche in questo caso emerge una sinergia tra cosche e imprenditori". Il procuratore di Milano, Francesco Greco, ha sottolineato così i legami tra mondo della criminalità organizzata e imprenditoria emersi nell'ambito dell'indagine coordinata dalla Dda milanese che ha portato oggi, martedì 7 maggio, a 43 arresti tra politici, amministratori pubblici e imprenditori, accusati a vario titolo di corruzione e associazione per delinquere aggravata in un caso dall'aver favorito un'associazione di stampo mafioso.

La rete della corruzione politici e imprenditori

Al centro della rete c'è, secondo gli inquirenti, l'imprenditore Daniele D'Alfonso. È lui la persona che "funge da cerniera" tra i diversi filioni della maxi-inchiesta. La sua rete, scrive il giudice per le indagini preliminari Raffaella Mascarino nell'ordinanza “avviata, con notevolissima rapidità ed efficienza" è "amplissima spaziando dai vertici della Regione Lombardia (Fabio Altitonante, sottosegretario regionale con delega, fra l’altro, al recupero dell’ex area Expo) a quelli di Amsa s.p.a. di cui coinvolge non solo figure dirigenziali (Mauro De Cillis) ma anche ‘operative' (Sergio Salerno e Gian Paolo Riva)". Per il giudice di Milano "il piano del giovane imprenditore è chiaro: sfruttare la campagna elettorale in corso per ‘mettere le basi' all’espansione commerciale della sua società. Le sue mire non sono limitate alle gare che sono state monitorate nel corso dell’indagine, ma anche al futuro". Per realizzare la sua azione, D'Alfonso avrebbe beneficiato dell'aiuto del consigliere comunale di Forza Italia Pietro Tatarella, “che aiuta D'Alfonso a muoversi nei paludosi mondi che spesso accompagnano la vita politica". Tatarella "in virtù dei suoi rapporti politici, sa chi deve essere finanziato, chi è corruttibile, aiuta e assiste con continuità D'Alfonso".

I rapporti con le cosche di Corsico e Buccinasco

Proprio alla figura di D'Alfonso gli inquirenti attribuiscono l'inquietante “sinergia” con la criminalità organizzata. All'imprenditore viene contestata l'aggravante "di aver commesso il fatto per agevolare l’attività dell’associazione di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta presente nel territorio di Corsico e Buccinasco". L'imprenditore infatti avrebbe assunto nella propria azienda "operai addetti al ‘movimento terra', molti dei quali con rilevanti pregiudizi penali, su indicazione di Giosafatto Molluso (già condannato per partecipazione ad associazione mafiosa)" e si sarebbe impegnato per reperire commesse lavorative, "anche violando la normativa antimafia, in favore dell’azienda della famiglia dello stesso". Il gip evidenzia inoltre "un atteggiamento di D’Alfonso verso l’appartenente alla famiglia di spicco della ‘ndrangheta operante in Lombardia connotato, per un verso, da senso di rispetto e, per altro verso, dalla consapevolezza della pericolosità dei contatti telefonici diretti". Elementi che hanno fatto emergere il fumus dell'aggravante “già dal tono delle prime telefonate e dalle modalità dei primi contatti registrati dal momento dell’avvio dell’indagine".

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