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Volevano rapire un manager e trasferire i suoi conti online: presa banda ispirata alla Casa di carta

Undici persone sono state fermate dai carabinieri con le accuse di tentato sequestro di persona a scopo estorsivo in concorso. Facevano parte di una banda ispirata alla “Casa di carta”, nota serie tv: volevano rapire un imprenditore digitale, rinchiuderlo in un appartamento di Milano e torturarlo per farsi consegnare i codici di accesso ai suoi conti online, trasferendo poi il denaro presente. A capo della banda un uomo e una donna, fratello e sorella residenti nel Veronese.
A cura di Salvatore Garzillo
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"Dobbiamo fare un colpo alla grande, dobbiamo essere più bravi di quelli della Casa di carta". Così si davano la carica fratello e sorella, le menti della banda che ha pianificato il sequestro di un imprenditore digitale bolognese servendosi di una “batteria” di pregiudicati campani assoldati per 50mila euro. Il progetto era complesso nell’organizzazione ma semplice nell’idea: prelevare la facoltosa vittima, chiuderla in un appartamento di Milano e, sotto tortura, costringerla a fornire le chiavi d’accesso dei suoi conti correnti in modo da trasferire sui conti della banda un tesoretto che stimavano potesse arrivare a 4 milioni e mezzo di euro. Undici, in totale, sono state le persone che avrebbero fatto parte della banda e che sono state fermate dai carabinieri con le accuse di tentato sequestro di persona a scopo estorsivo in concorso.

La truffa telematica da 3 milioni

La storia inizia nel febbraio scorso quando i carabinieri di Cornaredo (Milano) si occupano di una truffa telematica ai danni di due società che ha fruttato 3 milioni di euro. L’indagine aveva permesso di risalire ad alcuni conti correnti su cui era depositato parte del denaro e la procura ne aveva disposto il sequestro. Ma quei soldi non erano solo frutto della truffa, bensì di altri affari illeciti gestiti dai fratelli cagliaritani Giulio Brioccia, di 40 anni, e Laura Brioccia, di 30, quest’ultima legata sentimentalmente a un altro personaggio chiave del sequestro: Salvatore Guzzo, 47enne di Torre del Greco che da anni lavora a Reggio Emilia come autista di autobus. Con il sequestro dei soldi i tre si trovano in debito con persone poco raccomandabili con cui lavoravano nel campo del riciclaggio di denaro. Gli investigatori li intercettano e nel settembre scorso scoprono l’idea del sequestro. Il 19 settembre la 30enne invia un messaggio a Guzzo: “È arrivato il tuo momento”.

La scelta dell'obiettivo: "il Rigido"

Inizia la pianificazione via messaggi ma due giorni dopo i tre si incontrano a Colognola ai Colli (Verona) per un meeting. L’obiettivo è un imprenditore di 45 anni attivo nel campo digitale e che – come riporta il giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza – "opera con i loro stessi illeciti sistemi ma a livelli più alti, vantando la disponibilità di ingenti capitali e smistando, riciclando e reimpiegando gli stessi attraverso propri (numerosi) conti correnti”. Il suo nome in codice sarà “il Rigido” o “il Pacco”. Anche i banditi si daranno un soprannome, proprio come quei personaggi da serie tv che speravano di superare. Fratello e sorella sono “maschio” e “femmina”, Guzzo è “Omega 3” (sembra per la sua passione per il fitness), “Caronte” è invece il complice milanese che metterà a disposizione l’appartamento per il sequestro e “quello di giù” il reclutatore che avrà il compito di fornire la batteria di banditi.

La squadra dei sequestratori e la rapina a Modena

Guzzo è l’uomo dei contatti. È incensurato, ha un lavoro rispettabile ma pur avendo lasciato Napoli a 20 anni è rimasto in ottimi rapporti con persone legate ai clan della zona attorno alla stazione Centrale. È lui, secondo le indagini, a chiedere al reclutatore napoletano di formare una squadra a cui inizialmente offre 200mila euro. L’uomo in questione è il cugino di Guzzo, tale Salvatore Di Dato, soprannominato “Pitbull”. Ma prima del sequestro c’è un altro lavoretto da fare, una rapina a mano armata alla sala bingo “Bingo Blogo” di Modena. Il colpo va in porto l'11 novembre, i quattro uomini di Pitbull (tutti arrestati la mattina del 5 dicembre con un'altra ordinanza di custodia cautelare) portano via 16mila euro ma poi nascono discussioni e tensioni perché sembra manchi una parte. Questo comportamento convince i fratelli Brioccia e Guzzo che la squadra non è adatta per un lavoro delicato come un sequestro e quindi chiedono altri “operai”. Stavolta però la cifra proposta è di 50mila euro per loro e un 10 per cento su tutta la cifra recuperata dall’operazione da dare al reclutatore.

Pronti alla tortura per ottenere i codici

In breve vengono assoldati altri 4 banditi: 3 napoletani di 43, 47, 50 anni e un livornese di 41. La banda è ormai al completo. Pianificano gli spostamenti dell’imprenditore, studiano il percorso e studiano diversi capannoni dove tenerlo segregato per il tempo necessario. Alla fine scelgono di portarlo a Milano in un appartamento in via Acerenza 3 fornito da un complice. “Guzzo, pur avendo la fedina penale pulita, risulta quello più violento – racconta il comandante della compagnia di Cornaredo, Luca Tiraboschi – Nelle intercettazioni emerge che fosse geloso dell’imprenditore perché in passato aveva collaborato con la sua attuale fidanzata alla quale pare avesse fatto delle avance. Lo abbiamo sentito dire che era disposto a torturarlo con una batteria per auto per farsi consegnare la password dei conti”.

Il giorno stabilito sarebbe stato oggi, nell’anniversario dei 50 anni di piazza Fontana. Giulio Brioccia, in virtù del vecchio rapporto di collaborazione con l’imprenditore, fissa con lui un appuntamento a Milano per oggi ma l’uomo annuncia che avrebbe anticipato la partenza di un giorno arrivando mercoledì 11. Il cambio manda il gruppo in agitazione. Non sanno che tutte le mosse sono monitorate dai carabinieri. Martedì la batteria napoletana parte in auto per Milano ma viene bloccata al casello di Bologna mentre i colleghi bloccano gli altri complici. Avevano passamontagna, tute da lavoro, finte placche della polizia e un taser che avrebbero usato per stordire la vittima. Quest’ultima non si è accorta di niente, ha scoperto il piano solo ieri, quando i carabinieri gli hanno spiegato cosa ha rischiato.

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