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Viene sostituito da una macchina: operaio licenziato dopo 30 anni di lavoro

Un uomo di 61 anni, da 30 dipendente di una ditta di Melzo, vicino Milano, è stato improvvisamente licenziato perché l’azienda ha acquistato un macchinario che svolge il suo stesso lavoro. All’uomo, che nel 1991 perse la mano destra, mancavano quattro anni per andare in pensione, ma l’azienda non vuole pagargli i contributi mancanti.
A cura di Francesco Loiacono
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La lettera di licenziamento (dalla pagina Facebook di Mirko Mazzali)
La lettera di licenziamento (dalla pagina Facebook di Mirko Mazzali)

L'azienda per la quale ha lavorato per 30 anni ha acquistato una macchina che svolge il suo stesso lavoro: posizionare dei tappi provvisori su alcuni fusti prima della loro verniciatura. E così un uomo di 61 anni, un cittadino marocchino residente da decenni a Milano, è stato licenziato per giustificato motivo oggettivo. Da un momento all'altro, a soli quattro anni dalla pensione. La vicenda è stata portata alla luce da Mirko Mazzali, delegato alle periferie del sindaco Beppe Sala ma che, tra un sopralluogo e l'altro in sella al suo motorino ai confini della città, svolge da anni la professione di avvocato penalista. Mazzali ha ricevuto dal 61enne la lettera di licenziamento che l'azienda per cui ha lavorato l'operaio, una ditta di Melzo che produce contenitori, gli ha consegnato: "La nostra società ha installato una macchina che svolge in automatico il medesimo lavoro sino ad oggi da Lei svolto – si legge nel testo della missiva – È stata così soppressa la Sua posizione lavorativa. Abbiamo valutato la possibilità di assegnarle altre mansioni, anche di livello inferiore, riconducibili alla sua professionalità e comunque a lei utilmente affidabili. Purtroppo non è stata reperita alcuna posizione lavorativa vacante, essendo tutti i posti già occupati da altri dipendenti".

L'avvocato ha indirizzato il 61enne verso un sindacato, non essendo specializzato in tematiche lavorative. Adesso si spera che qualcuno possa aiutare il 61enne nella sua battaglia per vedersi riconosciuti almeno i contributi che gli mancano per poter avere una pensione dignitosa, anche se un primo tentativo di conciliazione ha avuto esito negativo. A rendere ancora più spiacevole tutta la vicenda, che secondo Mazzali ricorda più o meno quanto "avveniva con gli schiavi", è la circostanza che il lavoratore licenziato si trova a convivere da decenni con una forte disabilità, dal momento che nel 1991, nella stessa azienda che ora lo ha licenziato, ha perso la mano destra. Adesso ha perso anche il lavoro, sostituito da una macchina: un incubo condiviso da molti lavoratori, ma che nel suo caso è diventato improvvisamente e drammaticamente realtà.

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