A Milano quella delle Vie d’acqua è una storia infinita. Novembre è giunto al termine, e a cinque mesi dall’inaugurazione di Expo 2015 la sicurezza delle Vie d’acqua è ancora tutta da discutere. Ma non solo: il progetto, anche a seguito della richiesta del sindaco Giuliano Pisapia di dirottare parte dei soldi previsti all’emergenza Seveso, proposta ancora al vaglio del cda di Expo Spa, è stato suddiviso in tre fasi. Completamento del canale fino al fiume Olona, creazione del canale interrato e collegamento dall’Olona alla testa del Naviglio. Di tutto ciò, solo la prima fase sarà ultimata in tempo per l’inaugurazione dell’esposizione universale, la seconda sarà terminata per fine estate 2015, quindi a un mese dalla chiusura di Expo, e la conclusione della terza non è ancora stata stabilita. L’insieme del progetto prevede la realizzazione di un canale lungo 22 km che taglia la città da Nord a Sud attraversando i principali parchi della cintura ovest di Milano.
Alcuni terreni su cui passerà il canale non sono mai stati bonificati, e quindi ad oggi risultano contaminati. Altri, che costituiscono invece il polmone verde di questa parte di città, sono stati disboscati per permettere il passaggio del grande tubo e dei macchinari. E per quale motivo si è pensato di fare tutto ciò? Le esigenze che hanno spinto gli organizzatori di Expo 2015 sono due, ed esulano da alcuna utilità per il cittadino che, della manutenzione di quel canale di cemento dopo i sei mesi di esposizione universale, dovrà farsi carico. Si tratta di esigenze coreografiche ed esigenze manutentive: il canale serve primariamente per alimentare i giochi d’acqua del sito espositivo di Rho e a fornire acqua al Lake Arena, il laghetto artificiale costruito ad hoc per l’esposizione.
Secondo gli esperti il terreno su cui dovrebbe sorgere il canale ha una falda ricca di acqua ed è costituito da ‘pastiglie’ di terra argillosa che in caso di forti piogge non assorbe ma trattiene in superficie. Terreno che, fra l’altro, non è stato del tutto oggetto di bonifiche. A poco è servito l’incontro congiunto che si è svolto ieri a Palazzo Marino fra la Commissione Expo e la Commissione Ambiente, se non a fornire ulteriori campanelli d’allarme: i dati sulle bonifiche dei terreni, chiesti da alcuni consiglieri come Mattia Calise del M5S, non ci sono ancora; esattamente come sono ancora in fase di studio le conseguenze che si potrebbero avere in città nel caso in cui l’Olona non dovesse reggere in condizioni di piena.
Il movimento cittadino no canal ha organizzato un flash mob fuori dalla sede del Comune per consegnare ai consiglieri un dossier sui potenziali rischi delle Vie d’acqua realizzato in collaborazione di ingegneri, chimici ed esperti ambientali. Nonostante gli attivisti avessero la copia del permesso ottenuto dal Comune per entrare nell’aula del municipio per assistere all’iniziativa, solo a una manciata di esponenti del movimento è stato concesso l’accesso. Hanno potuto sppur brevemente dire la loro, in un confronto chiesto da mesi e sempre respinto. “Se ci fossimo confrontati già due anni fa anche con i no canal avremmo risparmiato soldi, tempo, alberi e credibilità”, ha commentato a conclusione il consigliere comunale e presidente della commissione Ambiente Carlo Monguzzi. Ma la contrarietà dei no canal alle Vie d’acqua non si placa con un singolo incontro. Soprattutto ora che, secondo il movimento, è chiaro lo scopo della realizzazione del canale: “Il Consorzio Villoresi prende acqua dal Ticino e manda giù un metro cubo circa al sito Expo, al sito Expo raccatta 0,7 metri cubi al secondo che sono le condense prodotte dai raffreddamenti degli impianti, per un totale di 1,7 mq da portare esclusa l’acqua che potrebbe esserci in caso di piogge. Questa acqua loro vanno a buttarla nel Naviglio che va in Darsena, fatturando al Comune di Milano l’acqua del Consorzio Villoresi per 2,2milioni di euro. Quell’acqua poteva benissimo essere presa direttamente dal Ticino aprendo la saracinesca”, spiega Luciano Mura, ingegnere in pensione e attivista no canal.
Ad oggi la proposta del comitato è quella di fare uno sbocco nel fiume Olona e terminare lì i lavori. “Dall’inizio dei lavori ad oggi la magistratura ha fatto arresti per corruzione e tangenti nelle imprese che hanno voluto la realizzazione delle Vie d’acqua e le aziende sono state commissariate – commenta Mura, no canal – adesso i lavori sono arrivati vicino al deviatore dell’Olona, alla talpa che sta scavando il microtunnel mancano 80 metri per arrivarci. Tanto vale che si arrivi al deviatore, che si scarichi nell’Olona l’acqua proveniente dal sito espositivo e che si finisca lì. Però finita l’Expo con i giochi d’acqua e il laghetto artificiale da mantenere basta, chiudiamo il rubinetto. E che i parchi ce li lascino in pace: ci andiamo a correre, a giocare a freasby, e a passeggiare col cane”. Ormai sono tutti d’accordo a cancellare il tratto Sud delle Vie d’acqua: PD e PDL, amministrazione e commissioni. Tutti hanno riconosciuto che quel tratto incriminato non fa altro che distruggere i parchi e contribuire allo scempio economico.
Ma la politica milanese appare, salvo rare eccezioni, assoggettata alla volontà della società privata Expo Spa. “Fino a pochi mesi fa a fianco di Gianni Confalonieri, responsabile Expo per il Comune nominato dal sindaco Pisapia, a difendere l’opera c’era anche Acerbo, manager numero due di Expo arrestato il 14 ottobre per corruzione e turbativa d’asta proprio sull'appalto vie d'acqua – commenta Calise del M5S – dopo quel momento qualcosa è cambiato: da un'opera fondamentale e inderogabile da più di 160 milioni, magicamente chiedono di rinunciare e dedicare i fondi all'emergenza inondazioni. Se solo ci avessero dato retta due anni fa oggi avremmo risparmiato decine di milioni di euro, ma evidentemente ciò era impossibile: la spartizione di denaro pubblico era il loro unico obiettivo, l'opera inutile il mezzo. E gli arresti del manager expo e dei costruttori che avevano vinto l'appalto lo hanno dimostrato”. Un’opera costosa, la cui escavazione è dannosa per l’uomo e per l’ambiente: quei 90milioni di euro utilizzati per fare il canale sono soldi pubblici pagati dalla società partecipata Expo Srl composta al 90% da Comune e Provincia di Milano, Regione Lombardia e Governo.