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Opinioni

L’ombra della speculazione sul nuovo ippodromo di San Siro

“Un bocconcino appetibile per immobiliaristi e speculatori”: cosa succede all’ippodromo di San Siro? Che valore e peso avrà la nuova struttura?
A cura di Ester Castano
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All’ippodromo di San Siro sono arrivate due escavatrici: un operaio è sceso dal macchinario, ha fatto un foro sul manto erboso della ‘pista Maura’, oggi usata per gli allenamenti del galoppo, e se ne è andato. Nelle stalle corre voce che siano stati avviati i lavori di rifacimento della pista, ma nessun cartello dentro o fuori il tracciato del trotto ne indica ufficialmente lo svolgimento. Solo un comunicato stampa del Comune di Milano in cui il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris dichiara che entro la prossima primavera sarà ultimata una nuova struttura: una pista da 1050 metri completa di tribuna, area servizi e ristorazione, area scommesse, parcheggio interno e box per un totale di 150 cavalli.

Notevole, se l’intento è quello di far ripartire l’ippica milanese, settore in declino complice la crisi e la perdita di attaccamento culturale della città meneghina alle gare equestri. Ma fra fantini e appassionati si mormora l’inizio di un’azione speculativa volta a rendere edificabile la zona. L’inizio dei lavori per la rimessa a nuovo della pista ‘Maura’, secondo i frequentatori quotidiani dell’Ippodromo di San Siro, nient’altro sarebbe se non la scusa per cambiare di destinazione d’uso l’area a verde, raggiungibile in pochi minuti di tram dal centro città, in vista di una futura cementificazione.

L’ippodromo si estende da piazzale Lotto a San Siro, e lungo la via Novara arriva sino al parco di Trenno. “Un bocconcino appetibile per immobiliaristi e speculatori”, afferma Rolando Mastrodonato, presidente dell’associazione ‘Vivi e progetta un'altra Milano’ mostrando la bellezza di questo posto in cui si respira aria di campagna e tempi andati. Sembra di essere in una Milano di altri tempi: filari di alberi secolari, stalle con tetti di legno, balle di paglia, fango, vanghe e rastrelli.

“A Milano si è persa la cultura ippica, che non è solo cavalli ma anche tutto ciò che ruota attorno al mondo equestre: la produzione del fieno, i maniscalchi, i fabbri. A parte questo, da Palazzo Marino dicono che bisogna ristrutturare l’esistente e invece c’è chi decide deliberatamente di intaccare un’area a verde per creare un nuovo impianto. Il punto è che qui ci sono volumetrie che fanno gola, ed è una vergogna che c’è chi permette a società private di fare degli scempi in cambio di oneri di urbanizzazione. Il rischio è che questa primavera, come annunciato dal vicesindaco De Cesaris, si inauguri il nuovo impianto sportivo, e che poi non riuscendo a mantenere economicamente una struttura del genere di un settore come l’ippica fortemente in crisi fra qualche anno si dica: chiudiamo tutto, qui gettiamo cemento e innalziamo case. Perché si costruisce un nuovo impianto quando ce ne è già uno?”, racconta accarezzando il muso bruno di Ginseng Coffee, amabile esemplare femmina di tre anni, figlia di un campione europeo, che il giorno prima aveva partecipato a una gara nazionale fuori città, a Pisa.

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Sul passato glorioso dell’ippica milanese si abbatte l’ombra del rischio speculazione. Al tramonto dell’ippica milanese ci aveva già pensato al crisi: negli ultimi dieci anni i cavalli dell’Ippodromo della città da 2mila sono arrivati ad essere 600. Sono ben lontani i tempi d’oro dei record del Tornese, detto Il sauro volante, del trottatore francese Une de Mai o di Delfo, uno dei più grandi campioni della storia dell'allevamento italiano. Dopo 87 anni di prestigio il 31 dicembre 2012 la pista del trotto di San Siro chiude. I fari dell’impianto dove Varenne aveva fatti i migliori risultati si spengono in seguito a una lunga agonia, colpevole la crisi: scuderie trasferite, coppe e trofei spostate in altre sedi italiane, ed infine il sipario cala anche sulla pista del trotto. Che rimane chiusa, per due anni, con il licenziamento di circa cento persone e l’insurrezione dei sindacati di settore. Nemmeno l’intervento dell’Investindustrial di Andrea Bonomi per rilanciare la Snai, la società per azioni italiana che si occupa della gestione di scommesse e di concorsi a pronostici che gestiva l’ippodromo, ha i risultati di successo che gli addetti ai lavori si aspettavano.

Finché non si decide, oggi, in creare un nuovo impianto del trotto completo di strutture commerciali specializzate inerenti al mondo dell’equitazione. “Un investimento mirato e un nuovo approccio – spiega Giorgio Sandi, presidente di SNAI e della Società Trenno – abbiamo bisogno di impianti moderni e di nuova concezione, economicamente sostenibili, che possano contribuire da un lato al rilancio della filiera del trotto lombardo e nazionale e dall’altro continuare a perseguire il riavvicinamento del pubblico alle corse”. Il protocollo d’intesa del progetto porta la firma, oltre del Comune di Milano, di Trenno Snai, del Parco Agricolo Sud, del Ministero delle Politiche agricole, e di varie le associazioni ippiche e organizzazioni sindacali. E se la nuova struttura non dovesse aver presa sulla città? Il vicesindaco De Cesaris non esclude la possibilità di poter costruire sull’area, “ma ne discuteremo più avanti e comunque non abbiamo ancora iniziato a fare un’istruttoria”, commenta riferendosi all’area a rischio speculazione del vecchio Trotter, nutrendo preoccupazioni e sospetti dei milanesi amanti del giardino verde di San Siro.

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