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Treno deragliato a Pioltello, due anni dopo cento vittime aspettano di avere giustizia

Due anni fa, la mattina del 25 gennaio 2018, il disastro ferroviario di Pioltello. Il cedimento di un giunto fa deragliare il treno regionale 10452 partito da Cremona e diretto a Milano. Il bilancio è drammatico: tre donne perdono la vita, quasi cento persone restano ferite. Dopo decine di rilievi, perizie e analisi tecniche, le indagini sono chiuse e dodici persone rischiano il processo. Rfi (Reti Ferroviarie Italiane) è accusata di aver trascurato la manutenzione. Intanto le famiglie delle vittime aspettano di avere giustizia.
A cura di Simone Gorla
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Sono quasi le 7 di mattina ed è ancora buio quando il treno regionale 10452, partito da Cremona in direzione Milano, attraversa la stazione di Pioltello-Limito. Al suo passaggio si solleva una nuvola di fumo e scintille. Il macchinista non lo sa ancora, ma uno dei carrelli è uscito dai binari a causa del cedimento di un pezzo di rotaia. Il treno prosegue la sua corsa a 130 chilometri orari. In quel punto il limite consentito era di 180 km orari, ma in seguito i pubblici ministeri diranno che, a causa del guasto alla rotaia, il mezzo avrebbe dovuto procedere al massimo a 50 km orari. A bordo si sentono vibrazioni sempre più forti, qualcuno urla, il capotreno grida al macchinista di frenare. Ma è tardi.

Il punto zero

Tre vagoni deragliano, travolgono due pali della luce e si accartocciano. In trappola tra le lamiere restano centinaia di pendolari. Sono le 6.57 di mattina del 25 gennaio 2018. L'incidente costa la vita a tre donne: Ida Milanesi, 61 anni, Giuseppina Pirri, 39 anni, e Pierangela Tadini, 50 anni. Tre lavoratrici che ogni mattina andavano a Milano e ogni sera tornavano in provincia, sempre in treno. Circa cento persone rimangono ferite. Agli inquirenti bastano poche ore per arrivare alla prima ipotesi sulla causa della strage: la rottura di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri in quello che sarà chiamato ‘punto zero'.

Dodici richieste rinvio a giudizio e cento parti lese

Alla fine di ottobre del 2019 gli inquirenti milanesi, coordinati dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, e dai pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, hanno notificato la chiusura delle indagini. Dodici persone rischiano il rinvio a giudizio: sono due manager e sette tra dipendenti e tecnici di Rfi (Rete ferroviaria italiana), oltre alla stessa società. Ci sono anche due ex vertici dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie sull'incidente ferroviario. È stata stralciata la posizione di due manager Trenord e della società. Le parti lese che possono chiedere la costituzione di parte civile sono in totale cento. Le famiglie delle tre vittime e i 97 feriti, tra gravi e lievi, con traumi fisici o psicologici.

Due anni di indagini

Relazioni tecniche e perizie, le analisi dei resti del treno raccolti e custoditi in un deposito, le immagini delle telecamere lungo la ferrovia, le ricostruzioni in 3D. Le indagini concluse lo scorso ottobre sembrano ricondurre alla prima tesi degli inquirenti: il treno sarebbe deragliato a causa di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri che si è fratturato nel cosiddetto ‘punto zero'. Un danno generato, stando alle indagini, da insufficiente manutenzione. Inoltre è emerso che il problema sarebbe stato noto da circa undici mesi, ma non affrontato. Tanto che per “tamponare” era stata messa una tavoletta di legno. L'accusa rivolta ai vertici di Rfi è di non aver messo a disposizione dei lavoratori di Trenord e dei viaggiatori presenti sui treni “attrezzature idonee ai fini della sicurezza".

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I racconti dei testimoni

Agli atti dell'inchiesta della Procura di Milano ci sono anche le testimonianze delle persone a bordo del treno, che hanno descritto scene da film horror. Urla dei feriti, sangue, corpi schiacciati e incastrati sotto i sedili. "Quando abbiamo sentito il primo tonfo metallico seguito da altri rumori provenienti da sotto la carrozza" ha riferito uno dei passeggeri, "ci siamo aggrappati ai sedili cercando di proteggerci".  "Ho sentito un forte rumore di sassi che sbattevano violentemente sotto il vagone, ho capito che stava accadendo qualche cosa", è il racconto del capotreno, "ho chiamato con il telefono di servizio immediatamente il macchinista urlando ‘frena, frena', ma in quell'attimo la carrozza è uscita dal binario inclinandosi sul lato".

Le accuse a Rete Ferroviaria Italiana

Al centro delle indagini c'è soprattutto Rfi, la società che ha la responsabilità della manutenzione e della sicurezza della linea. "Nonostante i ripetuti e frequenti episodi di rotture (dei giunti ndr) su tutto il territorio nazionale", hanno scritto i pm nell'avviso di chiusura indagini, i vertici non avrebbero provveduto a  "dare disposizioni o direttive generali" per intensificare "le attività ispettive sull'infrastruttura" e sostituire rapidamente le parti ammalorate. Di recente Rfi ha chiesto e ottenuto dalla Procura di Milano il via libera per condurre nuovi accertamenti sui resti del treno per verificare eventuali problemi, non riscontrati finora dai periti, nel funzionamento dell'impianto di frenata del convoglio.

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