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Soldi per il jihad inviati in Siria: scoperta una rete lombarda di fiancheggiatori

Quattordici persone sono state raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare al termine di una complessa inchiesta coordinata a livello centrale dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Gli indagati inviavano denaro al gruppo jihadista di “al Nusra”, attivo in Siria, attraverso un meccanismo informale noto come hawala. La persona al centro dell’inchiesta, un siriano 46enne, passava spesso anche da Milano.
A cura di Francesco Loiacono
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Anche la Lombardia figura al centro della rete transnazionale di trasferimento di fondi neri scoperta da una complessa indagine coordinata a livello centrale dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Quattordici in totale le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse ieri dai giudici per le indagini preliminari di Brescia e Cagliari su richiesta delle rispettive procure distrettuali antimafia e antiterrorismo, venti invece le perquisizioni domiciliari eseguite in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Sardegna. Proprio tra il Nord della regione insulare, la Lombardia e l'Europa Settentrionale si diramava la rete di fiancheggiatori dell'estremismo islamico scoperta dalla polizia di Stato. Le accuse per gli indagati sono associazione con finalità di terrorismo, il finanziamento del terrorismo e l'intermediazione finanziaria abusiva.

I soldi viaggiavano con il meccanismo dell'hawala: cos'è

Al centro dell'inchiesta c'è un siriano di 46 anni, Anwar Daadoue. L'uomo, ex imprenditore in Sardegna, viveva in Svezia ma, come documentato da alcune intercettazioni telefoniche, passava spesso anche da Milano, dove si vantava di avere "un ufficio che lavora su tutta l’Unione Europea". Vivevano in Lombardia, nel Comasco, anche i suoi principali collaboratori, che sono stati arrestati. Mentre risiede a Milano, in zona Bonola, un 26enne ritenuto fondamentale nella rete per l'attività di trasferimento di fondi neri, che in parte finivano anche al gruppo jihadista di "al-Nusra", fino a pochi anni fa legato ad Al-Quaeda, che in Siria che combatte Assad da posizioni diverse sia rispetto ai ribelli, sia all'Isis. Il meccanismo per il trasferimento dei fondi era l'hawala: si tratta di un meccanismo informale, fuori dai canali finanziari legali, che consente lo spostamento di ingenti somme di capitali in maniera istantanea e difficilmente tracciabile. L'hawala si basa sulla fiducia: il denaro viene consegnato in un Paese a un emissario della rete che, nello stesso momento, informa telefonicamente un altro emissario presente in un altro Paese, che si incarica a sua volta di consegnare la somma al beneficiario del trasferimento. La persona che mette a disposizione i propri capitali, in questo caso il 46enne siriano, guadagna trattenendo una percentuale per ogni operazione.

Il giro di denaro coinvolto in queste transazioni era ingente, pari a diverse centinaia di migliaia di euro. Nel maggio scorso il fratello del 46enne era stato fermato in Svezia in possesso di 675mila corone, pari a circa 70mila euro, mentre nel successivo mese di giugno un altro fiduciario era stato sorpreso con una importante somma di denaro in contanti mentre era in procinto di partire per Budapest. L'organizzazione imprenditoriale, ben conosciuta anche dalla comunità dei siriani al'estero e con uffici a Istanbul, Beirut, Khartoum, il Cairo e anche a Raqqa, era in grado di far pervenire in tempi brevi e in modo affidabile importanti somme di denaro in Siria, anche nelle zone direttamente controllate dal Daesh. A Milano la consegna del denaro che veniva poi trasferito attraverso il meccanismo dell'hawala avveniva in hotel di lusso, ma anche in bar e stazioni di servizio dell'hinterland.

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