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Silvia Romano, i giornalisti rispondono a Beppe Sala: “Non eravamo a fare l’aperitivo sui Navigli”

“Stavamo lavorando, non eravamo sui Navigli a fare l’aperitivo”. Così i giornalisti che hanno seguito il ritorno a casa di Silvia Romano in via Casoretto, a Milano, al sindaco del capoluogo lombardo Beppe Sala che aveva commentato l’assembramento sotto casa della giovane, condannando il comportamento dei cronisti. r.
A cura di Redazione Milano
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Prosegue la polemica a distanza avviata dal sindaco di Milano Giuseppe Sala nei confronti dei giornalisti che lunedì 11 maggio hanno aspettato e documentato il rientro a casa, in via Casoretto, di Silvia Romano. Il primo cittadino milanese aveva commentato le immagini dei cronisti assembrati sotto l'abitazione della 25enne sottolineando che "non esistono assembramenti di serie A e serie B", condannando in qualche modo il comportamento dei giornalisti.

Non si è fatta attendere quindi la replica della categoria nella persona del presidente dell'associazione lombarda dei giornalisti Paolo Perucchini, il quale ha detto che i colleghi "stanno lavorando e non sono sui Navigli a prendere l'aperitivo". Perucchini ha continuato dicendo che "gli operatori dell’informazione non vanno né colpevolizzati né additati come irresponsabili quando, nel cercare di fare il loro lavoro – informare i cittadini – si ritrovano anche in tanti a meno di un metro di distanza l’uno dall’altro". Il presidente dell'associazione lombarda dei cronisti ribadisce, comunque, l'invito a "rispettare al massimo le disposizioni sanitarie previste in questo frangente", partendo dal presupposto che chi era lì per documentare era sul proprio luogo di lavoro in condizioni simili a tante altre.

L'assembramento contestato da Beppe Sala (Foto Fb: Adriano Ancona)
L'assembramento contestato da Beppe Sala (Foto Fb: Adriano Ancona)

Alla risposta di Perucchini al sindaco Sala, si è unito poi anche il gruppo dei giornalisti lombardi che riunisce gran parte dei cronisti che lavorano sul territorio regionale: "Lunedì eravamo tanti. Tutti in via Casoretto, da ore, ad attendere l'arrivo di Silvia Romano – dice una delle giornaliste del gruppo, Marianna Vazzana -. Nessuno di noi sapeva a che ora sarebbe arrivata, quindi ci siamo ritrovati sotto la pioggia, in un clima autunnale, ad aspettare. È il nostro lavoro, certo. Lo sappiamo. Sappiamo anche che in questo periodo di emergenza virus occorre indossare sempre la mascherina (tutti l'avevamo) e stare distanziati per evitare possibili contagi". La Vazzana spiega quindi come la presenza dei giornalisti presenti sotto casa della Romano non si è manifestata uniformemente. Alcuni erano lì dalla sera prima, altri dalla mattina presto, "tutti attenti a non toccarsi, a non accalcarsi, nell'arco di tutte quelle ore, ma anche a conquistare una porzione di spazio per poter fare il proprio lavoro", sottolinea.

Nella sua ricostruzione, la giornalista parla della richiesta di "tenere un ‘varco' libero per consentire il passaggio dalla strada verso il portone del palazzo di via Casoretto dove di lì a poco sarebbe entrata Silvia Romano seguita dalla madre". Tale richiesta sarebbe quindi stata immediatamente soddisfatta, pur senza dimenticarsi il perché tutti fossero lì: per cercare di fare una domanda, documentare. "Non si poteva fare tutto questo stando a distanza: è chiaro. Non eravamo lì né per divertimento e né per accanimento: solo per fare il nostro lavoro", conclude la Vazzana.

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