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Regione Lombardia: “Capacità 20mila tamponi, ma poche segnalazioni”. Tanti però aspettano a casa

“Pochi tamponi processati? In questi giorni le richieste sono al minimo”. Lo ha riferito a Fanpage.it un portavoce dell’assessorato regionale al Welfare, che assicura che la capacità del sistema lombardo è stata portata ora a 20mila tamponi al giorno, ma sono arrivate meno segnalazioni da medici di base, pronto soccorso e laboratori privati. Eppure ci sono decine di segnalazioni di persone che sono in quarantena forzata in attesa di un tampone da parte delle Ats.
A cura di Simone Gorla
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Il crollo del numero dei tamponi processati in Lombardia nella giornata di giovedì 4 giugno (poco più di 3.400) è dovuto al fatto che ci sono state poche segnalazioni da parte di medici di base, pronto soccorso e per analisi in seguito ai test sierologici privati. "Semplicemente in questi giorni le richieste sono al minimo", ha detto a Fanpage.it un portavoce dell'assessorato regionale al Welfare, assicurando che la capacità del sistema regionale è stata portata ora a 20mila tamponi al giorno, e sarà alzata a 23mila nelle prossime settimane.

Da Regione Lombardia il minor numero di tamponi è quindi motivato con il fatto che nelle ultime settimane si è abbassato molto il numero di pazienti sospetti che arrivano nei pronto soccorso (erano anche cento al giorno per ospedale nei giorni di massimo picco), ma anche quelli segnalati dai medici di base. Effetto, quindi, della discesa della curva del contagio. Sul dato di giovedì, che ha sollevato polemiche, inciderebbe anche il ponte per il 2 giugno che ha rallentato il lavoro dei laboratori privati.

Il problema non è più quindi, come in passato, la carenza di reagenti e macchinari, anzi. "La rete è ormai a quasi a 23mila al giorno, ci arriveremo in due settimane", assicurano da Palazzo Lombardia, tanto che ora "si procederà con una seconda ondata di test sierologici". Dopo quelli fatti ai sanitari, saranno eseguiti anche su "contatti di positivi o persone che hanno avuto sintomi in passato".

Ma proprio qui sorge il problema. Dopo il via libera ai test sierologici in Lombardia, molti hanno denunciato lunghi tempi di attesa per il tampone, che è obbligatorio per chi risulti avere gli anticorpi. Cittadini che si sono sottoposti volontariamente alle analisi, attendono da tempo che le Ats chiamino per il tampone, in una quarantena forzata e dai tempi incerti. Perché queste persone non vengono contattate? Sui social sono numerose le denunce di persone in attesa da settimane, alle prese con interminabili chiamate ai call center, rinvii ed errori burocratici.

C'è anche il nodo delle persone (migliaia) che hanno avuto sintomi sospetti o contatti con malati e hanno richiesto il tampone mesi fa, senza riuscire a farlo. Per loro la linea della Regione è quella di prediligere il sierologico e solo in caso di esito positivo passare al tampone. Anche qui, tutto si ferma nel collo di bottiglia delle Ats. Perché se è vero che la situazione degli ospedali è nettamente migliorata (al momento ci sono 125 pazienti in terapia intensiva, erano più di 1.300 nei primi giorni di aprile), la gestione a livello territoriale sembra avere gli stessi problemi conclamati. Soprattutto a Milano e Brescia le richieste sono ancora molte. "Molto dipende dall'organizzazione delle Ats, dagli screening e dalle code tra test privati e tamponi da fare", sottolineano dall'assessorato. E soprattutto nel capoluogo lombardo l'Agenzia di Tutela della Salute è finita più volte sotto accusa, l'ultima solo pochi giorni fa per il caso degli sms che avvertivano "lei è contatto di un positivo al coronavirus", ma non era vero.

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